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Marisa Calisti 2014
La Parrocchia
BENVENUTI AL SITO DELLA PARROCCHIAS.GIOVANNI BATTISTADI RAPAGNANO
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Papa Giovanni XVII
PARROCCHIA S.GIOVANNI BATTISTA RAPAGNANO
La Reliquia
Cenni di storia
"A RAPAGNA’" di S.Bartolacci
Nel cuore del Piceno, Rapagnano si erge su un colle a 314 m. slm. e gode della vista del mare Adriatico ad Est e dei monti Sibillini a Ovest, mentre da Nord a Sud, l’occhio può spaziare dal Monte Conero fino ai Monti della Laga e al Gran Sasso d’Italia. Il centro storico, dalla forma ellittica, ha le caratteristiche del castello medioevale, con le sue chiese, le sue anguste vie, le sue abitazioni strette l’una all’altra e con la sua bella piazza centrale, su cui si affacciano il palazzo comunale e altri palazzi pregevoli, che hanno ospitato in passato famiglie di rango. Lo circondano solide mura, sulle quali, a ulteriore protezione dell’abitato, in passato, si elevavano torrioni rompitratta e si aprivano due porte: porta Marina a Nord-Est e porta da Sole a Sud-Est .
Fuori dalle mura, in questi ultimi decenni, sono sorte nuove abitazioni, particolarmente sul viale Europa, principale via di accesso al paese. Il territorio del Comune, che si estende per circa 12 Kmq, dalla sommità della collina fino al fiume Tenna, comprende la frazione Tenna, località scelta attualmente per lo sviluppo artigianale, e le contrade S.Tiburzio e S. Colomba, importanti dal punto di vista storico. Il numero degli abitanti, nel corso dei secoli, ha avuto degli alti e bassi; attualmente, anno 2016, ha raggiunto le 2056 unità.
IL PAESE: BREVE PRESENTAZIONE
Per la loro felice posizione e per la fertilità del suolo, queste colline furono scelte dagli antichi Piceni per insediarvi i loro primi villaggi. Lo testimoniano gli importanti reperti archeologici rinvenuti nel 1881, in contrada S.Tiburzio, appartenenti alla civiltà dei Piceni, risalenti al VI secolo a.C.: anfore e vasi di terracotta, lance e spade in bronzo, elmi finemente lavorati, nonché due splendidi dischi-corazza di pregevole fattura, l’uno raffigurante un combattimento di fanti e cavalieri, l’altro due guerrieri nello schema della cosiddetta “corsa in ginocchio”.
Nel 1229 passa alla giurisdizione di M.Giorgio, per decreto di Rinaldo di Spoleto, per essere assoggettato nuovamente a Fermo nel 1244. Nelle Costituzioni Egidiane del cardinale Albornoz del secolo XIV, viene ricordato tra i castelli minori. Nel 1414 la Rocca di Rapagnano è conquistata da Carlo Malatesta da Cesena e, successivamente, è soggetta alle incursioni dei soldati di ventura. In epoca napoleonica, Rapagnano viene aggregato al Cantone di Monte Giorgio. Dopo l’unità d’Italia il suo nome appare unicamente negli elenchi delle statistiche ufficiali. Rapagnano dunque non ha una sua storia, ma segue le vicende del territorio fermano. I suoi abitanti tuttavia hanno condotto, in ogni epoca storica, una vita serena e dignitosa, dedita per lo più al lavoro dei campi e all’allevamento del bestiame e, in minor misura, a qualche attività artigianale, quale, ad esempio, la molitura dei cereali e delle olive, dato che nel suo territorio, presso il fiume Tenna, fin dal Medioevo, sono esistiti ben tre molini ad acqua, di cui restano ancora tracce: il Molino da Capo (frantoio Niccolini), Molino di Mezzo (ristorante “Il Vecchio Mulino”) e Molino da Piedi (Mulino di S.Benedetto).
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Di epoca romana sono invece i ritrovamenti di alcune tombe avvenuti nel 1911 a S.Colomba e in contrada S.Maria. Anche la struttura di Fonte della Ripa ci fa pensare ad una probabile origine in epoca romana. Rapagnano assume l’aspetto attuale verso l’anno 1000, quando vi si insediano i superstiti abitanti di Falerio Picenus (l’attuale Piane di Falerone), costretti dalla decadenza della loro città a trovare rifugio sui colli circostanti. In quest’epoca avviene l’incastellamento, con la costruzione delle mura e delle torri che racchiudono l’intero abitato, rendendolo un castello fortificato.
Sotto questo aspetto ha contribuito all’economia del territorio, fornendo in abbondanza derrate alimentari e carne, nonché alla formazione di un tipo di civiltà: la civiltà contadina marchigiana, caratterizzata dallo stretto legame fra l’uomo, l’animale e la terra, in un connubio in cui è difficile stabilire quanto il mondo vegetale ed animale abbia influito sulla vita dell’uomo e viceversa.
Di Rapagnano e del suo territorio si fa più volte menzione nel “Liber Iurium” o “Codice 1030”, raccolta di documenti dal 977 al 1262 d.C., conservato nell’Archivio di Stato di Fermo. Il suo territorio era compreso in due “Ministeria”: quello di S.Severino, che comprendeva anche il castello di Magliano di Tenna e quello di S.Cassiano, che comprendeva Torre S.Patrizio e le contrade Valle e S.Maria di Rapagnano. I Ministeri erano suddivisioni del Ducato di Fermo, affidati ad un feudatario minore. Rapagnano in quest’epoca, come in genere i castelli vicini, non gode di autonomia, ma è soggetto al dominio talvolta di M.Giorgio, ma più spesso di Fermo.
Attualmente, l’attività prevalente della popolazione, non solo di Rapagnano, ma dell’intero comprensorio del Fermano, è l’industria della calzatura che, in questi ultimi cinquant’anni, ha trasformato il carattere e la vita degli abitanti. Oggi nel territorio di Rapagnano si contano una fabbrica di piccole dimensioni ed un certo numero di aziende artigiane, anche a carattere familiare. Sono presenti nel territorio, infatti, tomaifici, scatolifici, suolifici e piccole aziende per la produzione di macchine per calzaturifici. Se si tiene conto anche del numero rilevante di Rapagnanesi che si recano giornalmente nelle industrie dei paesi limitofri di M.Urano, M.Granaro, Fermo, ecc., nonché dell’indotto, si può affermare che circa il 90% dell’economia rapagnanese dipende dall’attività calzaturiera.
IL PAESE: CENNI DI STORIA
Tuttavia alcune piccole aziende a carattere familiare si sono rivolte ad altri settori: falegnameria e torneria, lavorazione della gomma (nastri trasportatori), rimorchi agricoli, serramenti, ecc. La ricettività turistica è limitata ad un albergo e a due locande, in cui si possono consumare buoni pasti.
A partire dal 1950 la mezzadria è finita, né esistono più famiglie dedite escusivamente all’agricoltura. E’ sorta in questo stesso territorio una classe imprenditoriale coraggiosa e attiva, proveniente dal mondo agricolo, che è stata capace di provocare questa rivoluzione. Il cento per cento della manodopera viene assorbito dalle numerose fabbriche, sorte in tutto il territorio, per lo più nel settore calzaturiero. Il grande cambiamento di vita dal punto di vista economico ha causato anche la crisi di quei valori che prima erano scontati. Come per il resto d’Italia, anche qui il benessere economico ha modificato la mentalità della popolazione, la quale sta perdendo quei valori anche religiosi, che un tempo erano profondamente radicati. Ciò riguarda soprattutto i giovani, che, naturalmente, partecipano con maggiore intensità alla vita moderna, subendone appieno l’influenza e recependone tutti i modi e tutti gli aspetti, compresi quelli più negativi. La parte più anziana della popolazione, invece, pur non restando indenne dalla influenza della mentalità, dei comportamenti e delle esigenze della vita moderna, per cui molte persone nelle loro attività quotidiane, nei loro affari, nei comportamenti sociali, fanno pensare ad un decadimento dei valori e dei principi morali e religiosi di un tempo, sente ancora, particolarmente in determinate occasioni, nel profondo dell’animo, il senso religioso in cui è cresciuta, anzi, direi quasi la nostalgia di una vita infantile e giovanile, segnata da una religiosità che dava serenità e sicurezza. Tutto questo crea in essi l’esigenza di una partecipazione assidua alle cerimonie religiose dei giorni festivi, della frequenza dei sacramenti, della celebrazione delle feste patronali e degli altri santi e, infine, della partecipazione alle celebrazioni delle grandi feste annuali del Natale e della Pasqua. Detto ciò è evidente che l’attività pastorale della Parrocchia è rivolta con particolare impegno verso i giovani, per i quali vengono prese numerose iniziative nel corso dell’anno, quali le lezioni di catechismo settimanali, l’organizzazione di gruppi giovanili, i corsi di preparazione ai sacramenti della Comunione, della Cresima e del Matrimonio, i campeggi estivi, ecc… Per lo svolgimento ottimale di tutte queste attività, il parroco si serve della collaborazione di catechisti e animatori, che hanno dimostrato maggior sensibilità e hanno dato la propria disponibilità.
Organizzazioneistituzionale
Fin dall’antichità, la comunità di Rapagnano è stata caratterizzata da un profondo senso religioso, costituendosi di conseguenza in comunità parrocchiale, che ha saputo esprimere, in ogni epoca storica, la sua profonda fede nella religione cattolica. Lo testimoniano lo stile di vita della popolazione, le tradizioni, le opere artistiche, i monumenti, le chiese, i personaggi.
Elenco dei Parroci dal 1805
Vita Parrocchiale
D. Leopoldo Panurghi: 30 ottobre 1805 - 19 ottobre 1818 D.Luigi Montanari: 9 maggio 1819 - … ………. 1838 D.Giovanni Martinelli: 28 agosto 1838 - … ………. 1865 D.Pietro Marchionini: 18 novembre 1865 - … …….. 1875 D.Federico Isidori: 16 marzo 1875 - 26 Agosto 1876 D. Ciriaco Migni: 19 dicembre 1876 - … Maggio 1893 D.Pietro Orazi : ... Giugno 1893 - ... Settembre 1902 D.Giuseppe Salvatori: ... Ottobre 1902 - ... Gennaio 1903 D.Antimo Di Stefano: ... Gennaio 1903 - ... Dicembre 1928 D.Tommaso Bonifazi: ... Gennaio 1929 - ... Settembre 1929 D.Vincenzo Vagnoni: ... Novembre 1929 - ... Febbraio 1933 D.Elia Malintoppi: ... Febbraio 1933 - ... Giugno 1934 D.Vincenzo Vagnoni: ... Giugno 1934 - ... Maggio 1935 D.Dante Filomeni: ... Maggio 1935 - ... Settembre 1935 D.Giacomo Fortunati: ... Settembre 1925 - ... Maggio 1952 D.Nazareno Orlandi: ... Maggio 1952 - ... Luglio 1952 D.Francesco Pallottini: ... Luglio 1952 - ... Gennaio 1982 Coccia D.Ennio: ... Gennaio1982 - ... Ottobre 1982 D.Luigi Malloni: 24 Ottobre 1982 - Attuale Parroco
La Parrocchia attuale ha una estensione territoriale pari a quella del Comune di Rapagnano. Tuttavia ci sono stati due periodi, in cui nel territorio del Comune sono esistite due Parrocchie. La prima volta, dal 1300 al 1805, non solo il territorio del Comune è stato diviso in due parrocchie, ma anche il centro abitato. Le due Parrocchie erano: quella Parrocchia dei SS.Maria e Severino e quella dei SS.Giovanni e Paolo, i cui Parroci officiavano nella stessa Chiesa. Alla Parrocchia dei SS.Maria e Severino era assegnata la parte Nord del Paese, all’altra la parte Sud. La seconda divisione è avvenuta nel 1962, quando l’Arcivescovo Norberto Perini, venendo incontro alla richieste della popolazione della contrada Archetti, eresse a Parrocchia la Chiesa di S.Maria degli Angeli, edificata a spese del cavaliere Giuseppe Mancini fin dal 1925. Oggi, in seguito alla morte del Parroco don Tarcisio Potentini, a causa della esiguità del numero di sacerdoti diocesani, è stato deciso di unire le due parrocchie, del capoluogo e della contrada, nelle mani dell’unico parroco, Don Luigi Malloni, al quale già in precedenza era stata affidata la cura della Parrocchia di S.Zenone e S.Michele Arcangelo di Cerreto-Alteta di Montegiorgio. Attualmente la vita religiosa è condizionata dai grandi cambiamenti sociali, causati dal passaggio da una economia prettamente agricola, basata sulla mezzadria, ad una economia di tipo industriale ed artigianale.
Sacramenti
Confraternite
Programma Pastorale
Chiese
LA PARROCCHIA: PRESENTAZIONE
CHIESA PARROCCHIALES.GIOVANNIBATTISTA
CHIESA SS.TIBURZIO E SUSANNA (ricostruita nel 1507)
CHIESA DEL SUFFRAGIO (1719)
CHIESA S.MARIA DEL CARMELO 
LA PARROCCHIA LE CHIESE
CHIESA DEI SS.COLOMBA E GIAMBATTISTA(1612)
VISITA ALLE SETTE CHIESE
CHIESA DI S.ROSALIA (1753)
Torna a Parrocchia
CHIESA PARROCCHIALES.MARIADEGLIANGELI
CHIESA S.MARIA DELLE GRAZIE di Cerreto di M.G.
CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA in via Bora (1424)
CHIESA PARROCCHIALESS.ZENONEEMICHELEARC.-ALTETA DI M.G.
LE EDICOLE (Galleria Immagini)
CHIESA DI S.ANTONIO ABATE (1582)
CHIESA S.MARIA 
Consiglio Parrocchiale per gliAffari Economici: Parrocchia S.Giovanni Battista: Ciucani Alessandro Sanchini Pierluigi Terribili Catia Follenti Giuseppe Parrocchia S.Zenone - Alteta Belleggia Matilde (Giulietta) Polci Luigi Bonafede Luciana Ministri straordinari dell’Eucarestia:  Carassai Giuliano Simoni Augusta Cervigni Lucilla Coccia Luciana    
La Parrocchia di S.Giovanni Battista di Rapagnano dal 24 Ottobre 1982 è retta dal Parroco Don Luigi Malloni, nominato dall’Arcivescovo di Fermo, Mons. Cleto Bellucci, in seguito alle dimissioni per anzianità di Don Francesco Pallottini e alla reggenza temporanea di Don Enio Coccia.  Secondo le norme del nuovo Codice di Diritto Canonico, emanato nel 1983, (Can. 536), anche la parrocchia di Rapagnano ha istituito il Consiglio Pastorale. In un primo momento i membri di questo consiglio furono scelti, a discrezione del parroco, quelle persone ritenute più idonee fra i componenti delle organizzazioni parrocchiali (Confraternite, catechisti e fedeli). A partire dal 2005, secondo le direttive dell’Arcivescovo, furono indette normali elezioni per la nomina del nuovo consiglio, nei giorni 4 e 5 giugno 2005. Il Consiglio è stato rinnovato il 20 ottobre 2009 e, il 21 Ottobre 2014, sono stati scelti come membri del nuovo
LA PARROCCHIA ASPETTO ORGANIZZATIVO ISTITUZIONALE
Catechisti II Elementare      Ciccola Lucia                             Cognigni Lorenzo                             Cognigni Diego III Elementare      Ciccola Giada                              Pistolesi Laisa                              Salvatori Beatrice IV Elementare     Palmieri Lucrezia                              Tappatà Lucrezia V Elementare       Salvatori Ilenia                               Salvatori Tania                               Capretta Ludovica I Media                  Speranzini Licia                               Conti Marisa II Media                 Pettinari Sara                               Paoloni Elena III Media                Piras Tatiana                               Romeo Paola                               Mancini Martha
Consiglio Pastorale Parrocchiale: S.Zenone - Alteta di M.Giorgio: Polci Romeo Bonafede Luciana S.Miche Arc. - Cerreto di M.Giorgio: Renzi Ivano Franchi Primo Salvatori Romeo S.Giovanni Battista Cognigni Stefano Rossi Eros Santoni Gabriele Milozzi Lorena Orsili Giuliano (Confr. Rosario) Macchini Claudio (Confr. S.Giovanni) Michetti Enrica Pettinari Sara Della Pittima Sauro (Confr.SS.Sacramento) Cognigni Stefano Carlo Azzurro Monica Sgattoni Fabrizia Innamorati Nicola Toscanelli Sergio Castelli Luisella Laici Marcello
LA PARROCCHIA PROGRAMMA ANNO PASTORALE 2016-2017
in collaborazione con le altre Parrocchie dell’Unità Pastorale di Francavilla d'Ete, Monte S. Pietrangeli, Torre S.Patrizio
I - LITURGIE PENITENZIALI Chiusura mese dei mortiRapagnano: Ultimo Sabato del mese di Novembre ore 20,30 Preparazione alla PasquaRapagnano: Sabato precedente alla Domenica delle Palme, ore 20,30 2 - CATECHISTI/E Incontri quindicinaliCorso di formazione per catechisti/e:                   Si svolgerà a Montegiorgio insieme alle Parrocchie della Vicaria in data da stabilire Ritiro spirituale:                Avvento e Quaresima 3 - RAGAZZI ELEMENTARI: Catechismo tutti sabati dell’anno scolastico dalle ore 15,00 alle ore 16IV Elementare. Incontri di preparazione alla I Comunione.III Elementare. Incontri di preparazione alla I Confessione.Attività estiva: IV e V Elem. terza settimana di giugno (Tutti i ragazzi dell’Unità Pastorale) 4 - RAGAZZI SCUOLA MEDIA: Catechismo tutti sabati dell’anno scolastico dalle ore 15,00 alle ore 16III Media. Incontri di preparazione alla CresimaIII Media. Ritiro spirituale in preparazione alla CresimaAttività estiva: campeggio a Ussita - Prati di Tivo - Altino di M.Monaco: Prime 2 settimane di luglio. 5 - GIOVANISSIMI E GIOVANI Incontri di formazione c/o Aule di Catechismo - Rapagnano: Tutti Venerdì dalle ore 21,15 alle ore 22,30. - Preparazione festa degli anziani: 8 dicembre Attività interparrocchiali:Un unico programma di formazione per le quattro parrocchie. Camposcuola invernale.  * Ritiro in preparazione al Natale e alla Pasqua:          Vigilia di Natale ore 9.15 -12.30          Venerdì Santo ore 9.15-12.30 Animatori gruppi giovanili: ogni primo lunedì del mese, ore 21,156 - FIDANZATI Corso di preparazione al Matrimonio                         In collaborazione con le Parrocchie dell’Unità Pastorale 7 - ADULTI Incontri di preparazione per i genitori di I Comunione e Cresima.  Sala Parrocchiale.Quaresima Incontri per tutti : Sala Parrocchiale. Ritiro per genitori I Comunione e Cresima:Caposcuola per famiglie, insieme alle Parrocchie dell’Unità Pastorale.II Domenica di Ottobre. Celebrazione 25° e 50° di Matrimonio (Incontri di preparazione) 8 Dicembre, Immacolata: Festa degli anzianiTriduo Festa S.Giovanni Battista 8 - PRIMA COMUNIONE E CRESIMA  Prima Comunione           I°  Domenica di maggio.  Cresima          III° Domenica Maggio 9 - FESTE DEL PATRONO Rapagnano - II ° Domenica di Maggio    10 – ALTRE FESTE : S.Antonio Abate - Festa Madonna del Rosario - Triduo Pasquale con Processione del Venerdì Santo 11 – MESE DI NOVEMBRE 12 – ANZIANI E MALATI       Comunione ogni domenica (a chi l’ha chiesto)        Comunione ogni primo Venerdì del mese        8 Dicembre: Festa degli anziani (Unzione degli infermi)
Campeggio Medie 2017
Festa Anziani 2009
Campeggio Giovani 2010
Festa Anziani 2010
Campeggio Medie 2014
Campeggio Giovani 2009
Concerto Coro 2013
Coro Parrocchiale Diretto da Stefania Felici
Campeggio Medie 2011
Si sente il bisogno di una maggior conoscenza e coscienza nel capire il giusto modo di essere nella Chiesa e con la Chiesa. Necessita inoltre una pastorale sociale del lavoro, una organizzazione più incisiva della “Caritas”, un’attenzione più sensibile nei confronti degli ultimi, degli esclusi, degli emarginati, degli estracomunitari. La famiglia appare ancora abbastanza sana ma già si intravedono alcuni segni di disagio. Sono in aumento i matrimoni civili e anche il numero delle famiglie che si separano. La Comunità cristiana è chiamata a vivere più profondamente il suo essere chiesa e la sua appartenenza a Cristo attraverso una testimonianza concreta di sensibilità, di attenzione, di amore nei confronti del prossimo, ricordando il messaggio di Gesù: “Da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se avrete l’amore gli uni verso gli altri”. (Gv. 13,35)
Festa Anziani 2012
Concerto Coro 2012
LA PARROCCHIA ATTIVITA’ E ASSOCIAZIONI
Campeggio Giovani 2012
Campeggio Medie 2010
Campeggio Giovani 2008
Concerto Coro 2014
Campeggio Medie 2012
In Parrocchia sono presenti, come collaboratori, vari gruppi: il Consiglio Pastorale, il Consiglio per gli affari Economici, i Catechisti, il Gruppo Giovanile, la Schola Cantorum, le Confraternite, l’UNITALSI, Corsi di Cristianità, Azione Cattolica, sono tutte realtà  presenti e operanti nella Comunità. Le iniziative per venire incontro alle necessità morali e spirituali delle diverse categorie di persone, non mancano, sia a livello zonale (Vicaria di M.Giorgio), sia a livello interparrocchiale (Rapagnano, M.S.Pietrangeli, Torre S.Patrizio, Francavilla) e parrocchiale. Per quanto riguarda le attività parrocchiali ne ricordiamo alcune: Catechismo per i ragazzi della Scuola Elementare e Media; Incontri formativi e campiscuola per giovani; Incontri di preghiera e riflessione per famiglie e adulti; Pastorale per gli anziani e malati; Corsi di preparazione al Matrimonio e ai sacramenti della Confessione, della Comunione e della cresima; Incontri di formazione per catechisti e animatori; Campeggi estivi per ragazzi e giovani, ecc…  Per evidenziare meglio l’aspetto formativo dell’attività nei confronti dei giovani, a titolo esemplificativo, è bene spendere due parole sullo spirito con cui viene organizzato ogni anno il campeggio estivo.Questo si svolge in località di montagna sempre diverse, dove per 15 giorni si conduce una vita a contatto solo con la natura, lontana da tutte le comodità e i ritrovati della civiltà moderna: niente radio e televisione, niente telefono, niente automobile. Si dorme in tenda e si provvede ciascuno alla pulizia del proprio corpo e dei propri indumenti; a turno ogni partecipante è di servizio alla mensa comune.Il campeggio é una vera scuola di vita, che forma il carattere, abitua al sacrificio e al lavoro, avvia alla vita sociale del gruppo. Il campeggio indica valori che forse altre agenzie educative non sanno più mostrare. I ragazzi della IV e V Elementare sono ospitati di solito nella Casa “Domus Laetitiae” o altre case disponibili, insieme a quelli della Unià Pastorale (Rapagnano, Monte S.Pietrangeli, Torre S.Patrizio e Francavilla), nei giorni di Venerdì, Sabato e Domenica della terza settimana di giugno. Per i ragazzi della Scuola Media il campeggio si fa alternativamente nelle località di Prati di Tivo, Altino e Ussita, mentre per i giovani si sceglie una località delle Alpi o delle Dolomiti.  
Festa Anziani 2015
Festa Anziani 2011
Campeggio Medie 2009
Concerto Coro 2015
Campeggio Giovani 2011
PRIMA COMUNIONE 1 MAGGIO 2022   [if gte mso 9]> Normal 0 14 false false false IT ZH-CN AR-SA
     CRESIMA 15/05/2022     MONS. GIORDANO TRAPASSO [if gte mso 9]> Normal 0 14 false false false IT ZH-CN AR-SA
MATRIMONI Ripani Luca – Lezzi Francesca Pagliuca Claudio – Partemi MarziaEndFragment    
          FUNERALI [if gte mso 9]> Normal 0 14 false false false IT ZH-CN AR-SA
LA PARROCCHIA SACRAMENTI 2022
          BATTESIMI BOLZONI LUCREZIA BOLZONI MIA PALLOTTINI LEONARDO CICCHINI STELLA RIPANI SOFIA SILENZI SARA BENIGNETTI MARTIN CAPRIOTTI RICCARDO REFFO FRANCESCO REFFO ALESSANDRO Prima CONFESSIONE 5 GIUGNO 2022DEL GATTO ASIA FRATTARI LARA GALANDRINI TOMMASO GIUGGIOLINI MATTIA QALLIA CHIARA ILARI VITTORIO MALINTOPPI SOFIA ELEONORA ORSILI GIOVANNI PENNACCHIETTI EMMA SANTANDREA GIORGIA SILENZI LUCA TOMASSETTI ELEONORA
Attualmente a Rapagnano si contano tre Confraternite: Confraternita del SS.mo Rosario, Confraternita del SS.mo SacramentoConfraternita di S.Giovanni Battista.
LA PARROCCHIA LE CONFRATERNITE
CONFRATERNITA DEL SS.MO ROSARIO La Confraternita del SS.mo Rosario venne istituita ed eretta nella Chiesa Parrocchiale di Rapagnano, nell'Altare sotto questo titolo del S. Rosario, nell'anno 1600 e fu confermata con Diploma del Rev.mo P. Serafino Sicco, Generale dell'Ordine dei PP. Predicatori, del 9 aprile 1622 e relativo Decreto di S.E. Rev.ma Monsig. Pietro Dini Arcivescovo di Fermo del 6 maggio 1622. I1 7 marzo 1779 la Compagnia del Rosario decise il restauro del proprio Oratorio, secondo il progetto del capomastro Pietro Augustoni, per la spesa preventivata di scudi 18 e 80 baiocchi. Il primo aprile 1788 fu richiesta all'Arcivescovo una nuova licenza per la maggiore spesa necessaria per completare l'opera. Attualmente la Confraternita ha come sede il locale sotto la sacrestia della Chiesa Parrocchiale, è composta da 24 Confratelli ed è retta dal Priore Orsili Giuliano.
CONFRATERNITA DEL SS.MO SACRAMENTO Dall’inventario del 1728 redatto dal Parroco D. Giuseppe Campanelli rilevasi, “essere stata eretta la Confraternita del SS.mo Sacramento dapprima nella Chiesa Parrocchiale di S. Maria in Rapagnano con Bolla del 3 Settembre (o febbraio) 1551, dall'E.mo Cardinale Gio. Domenico Farnese Vescovo di Ostia, Decano del S. Collegio Apostolico nell'anno del Pontificato di Giulio III, colla qual Bolla dicesi essere state comunicate alla detta Confraternita di Rapagnano tutte le Indulgenze concesse dal Sommo Pontefice Paolo III alla Confraternita del SS.mo Corpo di Cristo in Roma Sopra Minerva con Bolla del 31 Ottobre 1539." In detto Inventario si legge pure, che esisteva in quei tempi altra Bol1a del 15 febbraio 1608 dell' E.mo Cardinale Bellarmino, con cui dichiaravasi essere stata restituita alla nominata Confraternita di Rapagnano, eretta poi, come dicesi fin d'allora nella chiesa di S.Antonio Abate, la comunicazione delle indulgenze accordate all'Arciconfraternita di S. Maria Sopra Minerva con Bolla del 3 novembre 1606 dal Pontefice Paolo V. Smarrite quindi tali Bolle dicesi che da Mons. Alessandro Strozzi, Arcivescovo di Fermo, fu rinnovata la Bolla in data del 6 maggio 1613, con cui approvasi la erezione della riferita Confraternita nella Chiesa di S. Antonio Abate in Rapagnano. La Confraternita per antica usanza, confermata con Decreto di mons. Borgia il 27 giugno 1727 celebrava nell’Altare maggiore della chiesa parrocchiale tutte le principali feste dell’anno e somministrava al parroco di turno la cera necessaria. Non si conosce se fosse stata aggregata ad altre Confraternite. Nel 1896 gli aggregati sono 39, i quali hanno tutti il proprio sacco. Attualmente la Confraternita è composta da 14 Confratelli e 20 Consorelle; è retta dal Priore Dellapittima Sauro.
CONFRATERNITA DI S. GIOVANNI BATTISTA La Confraternita di S. Giovanni Battista è stata eretta il 23 settembre 1820 nella chiesa Collegiata nell'altare di S. Giovanni Battista con Bolla del Card. Arciv. Cesare Brancadoro. I confratelli erano 21 (numero non fisso) e ognuno ha il proprio sacco. I confratelli hanno l’obbligo di fare la Comunione nella seconda domenica di ogni bimestre; di celebrare con solennità la festa del titolare nella seconda domenica di maggio, implorando, in tale circostanza la benedizione sulla campagna; di intervenire alle processioni organizzate in Parrocchia.  II Comune di Rapagnano, fin dalla erezione, dietro deliberazione consiliare, cedette alla medesima Confraternita tutto ciò che dallo stesso Comune ritenevasi spettante al Santo braccio: un censo postale di scudi romani 111, fruttifero al 4% annuo, basato su di una casa della famiglia Panurghi, che fu poi venduta dalla Signora Marianna Panurghi a Francesco Grifoni con atto del notaio fermano Luigi Maggi il 21 settembre 1865; accollandosi detto censo, pagando i relativi frutti a detta confraternita con lire 35,43 fino a l'estinzione. In seguito il detto Grifoni diede alla Confraternita alcuni vani della casa, per Oratorio e magazzino. Attualmente la Confraternita è composta da 39 Confratelli. Il Priore è Toto Giuseppe.
Il Semibusto
Il Millenario
La lapide scritta in caratteri gotici e in lingua latina recita così: “Giovanni, figlio di Siccone e di Colomba, nacque nel territorio di Rapagnano, presso il fiume Tenna. Ancora adolescente fu condotto a Roma e ricevuto in casa dal console Petronio, fu istruito nelle lettere tanto che, con il consenso generale fu eletto Pontefice il 9 di giugno dell’anno 1003. Tuttavia resse la Chiesa per poco tempo. Infatti, essendo destinato a regnare in Cielo, si addormentò in pace il 31 ottobre successivo”.
PAPA GIOVANNI XVII
Lapide marmorea, scoperta nel 1750 nella Chiesa Collegiata di Rapagnano dal Parroco Francesco Antonio Grifoni. La lapide è stata posta dallo stesso Parroco nel 1752, a ricordo della scoperta fatta. Infatti essa dice: “A Dio ottimo massimo. Questo Monumento per secoli nascosto di Giovanni XVI, Rapagnanese, Pontefice Romano, per opera e grazia dell’Ill.mo e Rev.mo Signore Alessandro Borgia Arcivescovo e Principe Fermano, Francesco Antonio Grifoni, Parroco di S.Maria, restituì alla posterità l’anno del Signore 1752.
La vita
Il non ancora cardinale Stefano Borgia, in un apposito studio, pubblicato a Roma nel 1750, oltre all’interpretazione del testo, ne fa anche un esame critico e dalla presenza sulla lapide dello stemma vescovile, inciso in basso a destra, della famiglia Piccolomini di Siena, deduce che, essendo stati Arcivescovi di Fermo sia Enea Silvio Piccolomini, nel 1456 (futuro Papa Pio II nel 1458), sia suo nipote, il card. Todeschini Piccolomini nel 1485 (futuro Papa Pio III), la lapide debba essere datata fra il 1458 e il 1485, essendo probabilmente fatta incidere da uno dei due menzionati Piccolomini, in seguito ad un ritrovamento di altro documento, forse deteriorato, in pietra o cartaceo, affinché aumentassero le garanzie di conservazione del documento nei secoli futuri. Gaetano De Minicis, storico fermano, ritiene più probabile che sia stato il card. Todeschini Piccolomini, arcivescovo di Fermo dal 1483 al 1503, l’autore della lapide rapagnanese, poiché nega che Enea Silvio abbia potuto reggere la Diocesi Fermana, come successore del card. Domenico Capranica, dato che è noto che tale successore fu Nicolò Capranica, suo nipote, deceduto il 14 agosto 1458, mentre Enea Silvio fu eletto Papa il 15 agosto 1458. Ancora oggi è tradizione presso i contadini di Rapagnano indicare come “Casa del Papa” una casa colonica situata in contrada Castelletta, che non ha alcun carattere antico, essendo stata ricostruita ex novo su un antico edificio residenziale, l’ultima parte del quale demolita negli anni ’40. La Pubblicazione, intitolata “Monumento di Giovanni XVI, illustrato per Stefano Borgia, Accademico Cortonese”, nonostante l’apprezzamento degli Accademici, non ebbe grande notorietà e diffusione. In tal modo si spiega il perché, ancora oggi, i testi ufficiali della Chiesa non si pongano neppure il problema dell’origine di questo Papa, accettando ad occhi chiusi le affermazioni del testo fondamentale del Papato, il Liber Pontificalis. Gli storici della Chiesa, che accettano, anche se talvolta in forma dubitativa, l’ipotesi del Card. Stefano Borgia, sono il già citato Gaetano De Minicis, il Saba Castiglioni, Fermo Secco d’Aragona, il Gligora, il Marcora, Mariano-Papetti e altri. La ricerca effettuata da Secco d’Aragona è meritevole della massima stima, poiché egli è riuscito a ricostruire l’albero genealogico della famiglia Siccone, nonostante le innumerevoli difficoltà, dovute alla scarsità di documenti e alla nebulosità delle conoscenze storiche di quel periodo. Secco d’Aragona è mosso dal desiderio di conoscere l’origine della famiglia Secco o Siccone, (latino Sico-Siconis), cui appartiene e che nel Medioevo si ramificò in tutto il Nord Italia, dove nei secoli succesivi ebbe potere, ricchezze e gloria militare e dove ancora possono essere rintracciati i discendenti. Dalle ricerche di Fermo Secco d’Aragona, traiamo le notizie che ci interessano, relative al Pontefice Giovanni XVII. Alberico I, Duca di Spoleto (865-924), di cui sono note le grandi imprese militari contro i Saraceni, sposò la bellissima Marozia, figlia di Teofilatto e Teodora, conti di Tusculo, donna celeberrima, non solo per il potere esercitato a Roma, presso la corte papale, ma anche per i tanti matrimoni regali che la elevarono al rango di regina di Provenza e d’Italia. Da questo matrimonio nascono quattro figli: Alberico II, duca di Roma, Giovanni XI, Papa, Sarlio, duca di Spoleto e Pietro I (Petronio), console e prefetto di Roma. Sarlio, duca di Spoleto, ha due figli: Sico o Sicone e Giovanni I (detto anche lui Sicone). Dal matrimonio di quest’ultimo con Colomba, nasce Giovanni, futuro Papa Giovanni XVII. Papa Giovanni XVII ha dunque una origine nobilissima, essendo imparentato con la più alta nobiltà di Roma e del ducato di Spoleto: annovera fra i suoi avi Alberico I, duca di Spoleto, feudatario di origine franca o borgognona e Marozia; è nipote di duchi, Papi e dignitari della corte papale, fra cui quel Petronio, di cui la lapide rapagnanese dice che lo abbia accolto presso la sua casa a Roma e lo abbia avviato agli studi e alla carriera ecclesiastica.
Rapagnano annovera tra i suoi figli più illustri un pontefice che salì sulla cattedra di Pietro con il nome di Papa Giovanni XVII. 
Giovanni XVII, Papa Siccone, come figura fra i tondi della Veneranda Fabbrica di S.Pietro in Roma. Giovanni XVII fu effigiato in S.Pietro, fra gli altri Papi, dopo che l’Arcivescovo Fermano Alessandro IV Borgia inviò al Papa copia della lapide rapagnanese, scoperta sotto l’intonaco durante i lavori di sistemazione della Chiesa Parrocchiale. La notizia è tratta da: Borgia, “Cronaca della Chiesa Fermana”, libro rimasto tuttora inedito. L’origine rapagnanese di Papa Giovanni XVII si basa su un documento importantissimo, qual è l’antica lapide tuttora ben visibile presso la Chiesa Parrocchiale di Rapagnano. Scoperta nel 1750 dal parroco Francesco Antonio Grifoni, fu studiata da Stefano Borgia, nipote dell’Arcivescovo di Fermo, Alessandro Borgia.
La Lapide
PAPA GIOVANNI XVII La sua vita
Giovanni I Siccone, secondogenito di Sarlio, Duca di Spoleto, prende dimora, per motivi ancora sconosciuti, in località Castelletta di Rapagnano, nel territorio fermano e qui dalla consorte Colomba, ha un figlio, cui impone, come era uso in quell’epoca, il suo stesso nome, Giovanni. Il giovane Giovanni trascorse la sua infanzia nel sano ambiente di campagna, presso Rapagnano. Tuttavia è facile supporre che il padre, non sappiamo se ricco o povero, ma certamente d’alto lignaggio, abbia voluto avviare il fanciullo agli studi presso Fermo. A quell’epoca, non era facile intraprendere gli studi, per la mancanza quasi assoluta di scuole e di libri, fatta eccezione per talune città e per i monasteri; per cui la massa della popolazione, compresi molti nobili, cresceva senza un minimo di istruzione. Questo non fu il caso del nostro Giovanni, il quale potè frequentare l’importantissima scuola istituita a Fermo, fin dall’anno 824, dal Vescovo Lupo e subito dopo elevata al grado di Università dall’imperatore Lotario I. Fermo era dunque il più importante centro culturale del Ducato di Spoleto, al quale doveva convergere ogni cittadino del Ducato stesso, qualora avesse voluto intraprendere la via dello studio. Certamente a Fermo, Giovanni si distinse fra tutti gli altri studenti per ingegno e impegno, tanto che da lì a poco fu trasferito a Roma per proseguire gli studi in un grado molto più elevato.
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Non sappiamo se l’iniziativa del trasferimento fosse dovuta al prozio, console Petronio, che, venuto a conoscenza delle doti non comuni del ragazzo, avrebbe pensato di avviarlo ad una promettente e gloriosa carriare ecclesiastica, o fosse dovuta al padre stesso, in cerca di un futuro più ambizioso per il proprio figlio e più rispondente al suo blasone, in una città come Roma, anziché a Fermo. Dunque all’età di 15 anni circa, Giovanni si trasferì a Roma, accolto in casa del console Petronio ( o Pietro I) nella ex dimora di Marozia, la Domus Crescentii, nel quartiere Biberatico. La lapide marmorea di Rapagnano, pur nella sua sinteticità, a questo punto dice che Giovanni fece tali progressi nello studio delle lettere, che con l’approvazione dell’intera cittadinanza, fu eletto Papa. Il De Minicis ci fa sapere che Giovanni intraprese la carriera ecclesiastica e, distintosi fra il clero romano, fu dal Papa Gregorio V fatto cardinale, nell’anno 996. Morto nell’anno 999 il Papa Gregorio V, gli successe il francese Gerberto d’Aurillac, uomo fra i più dotti dell’epoca, famosissimo magister della Scuola di Reims, una delle più celebri d’Europa, il quale prese il nome di Silvestro II. Certamente, come ci suggerisce ancora il De Minicis, questo Papa, nell’intento di risvegliare l’amore per lo studio delle Scienze e delle lettere anche a Roma, si sarà circondato di uomini di cultura, fra i quali crediamo di poter annoverare Giovanni Siccone. E quando Silvestro II, nell’anno 1003, morì, il popolo romano non trovò persona più degna di continuare l’opera di rinnovamento culturale della capitale del mondo cristiano, del nostro Giovanni. Egli fu eletto il 9 giugno 1003 e consacrato il 15 dello stesso mese. Il fatto che egli fosse stato eletto Pontefice “Toto Urbis applausu”, ossia “con il pieno consenso della cittadinanza di Roma”, ci fa sapere che il “Privilegium Octonis” (13/02/962) dopo 40 anni, veniva di fatto abrogato. Con l’avvento di Ottone I sul trono imperiale di Germania, scoppiò una lotta furibonda fra lo stesso imperatore tedesco e la nobiltà romana per il controllo dell’elezione dei papi e la vittoria arrise all’imperatore, il quale proprio con il famoso “Privilegium Octonis” otteneva il controllo dell’elezione del Pontefice romano, in cambio del riconoscimento del diritto di quest’ultimo su vasti territori dell’Italia Centrale. Successivamente Ottone II e Ottone III andarono oltre, imponendo direttamente Papi di loro gradimento e massacrando quelli elevati alla Tiara papale dai loro rivali romani. Con Giovanni Siccone ricomincia a prevalere nella elezione dei Pontefici l’influenza dei Crescenzi e dei conti di Tusculo e termina quella dell’imperatore tedesco. Infatti è diffusa la credenza che anche Giovanni XVII sia stato posto sul trono papale da Giovanni Crescenzio, che aveva ripreso i pieni poteri a Roma, affinché favorisse la supremazia della sua casata. Non ci sono notizie precise in proposito, anche perché il suo Pontificato fu tanto breve che non poté incidere sulla vita politica dell’Urbe più di tanto. Da una lapide trovata nella Chiesa di S.Agata a Roma, scolpita nel 1040 e collocata sopra il sarcofago, conosciamo i nomi di tre cardinali: Giovanni, Andrea e Pietro, elevati alla porpora cardinalizia dallo zio Papa Giovanni XVII. Giovanni era stato nominato vescovo di Preneste, Pietro Vescovo di Ostia e ad Andrea è affidato l’importante incarico di Primicerio (capo) della corte papale. Tutto ciò affinché potessero controllare agevolmente l’elezione dei futuri papi. A Papa Giovanni XVII viene attribuita anche l’istituzione della Commemorazione dei defunti del 2 novembre. In breve tempo però il Papa morì. Era il 31 ottobre 1003. Fu sepolto nella Chiesa di S.Giovanni in Laterano, in un sarcofago posto tra le due porte. Tutte le fonti sono concordi sulla sua repentina scomparsa, quantunque non concordino nella data. Si va dal 31 ottobre (Borgia) alla prima metà di novembre (Auber) fino ai primi di dicembre (Saba, Enciclopedia Cattolica). Il Liber Pontificalis non dà alcuna data, limitandosi a dire “governò sei mesi”; ma subito dopo riporta la dicitura del codice Est. “… sedit menses V et dies XXV”. (Governò cinque mesi e venticinque giorni). Quest’ultima dicitura viene ripresa testualmente da molti storici dei papi. Fra tanta incertezza delle fonti, fa riscontro la chiarezza della lapide rapagnanese: morì il giorno precedente alle Calende di Novembre, ossia il 31 di ottobre 1003. Per quanto riguarda la sepoltura, vi è ugualmente incertezza, in quanto alcuni, rifacendosi al Liber Pontificalis, che riporta la seguente iscrizione (oggi scomparsa) “cernitur hic tumulus qui Praesul dicitur esse Summi Joannis, sic quoque dictus erat”( si vede qui una tomba che si dice essere del Sommo Presule Giovanni, così anche era stato chiamato), affermano essere stato tumulato in S.Giovanni in Laterano. Il Pagi suggerì di modificare le parole dell’epigrafe “…Sic quoque” con “…Siccoque”, per cui la traduzione diventerebbe “…del sommo Presule Giovanni, detto Sicco”. Altri affermano sia stato sepolto in S.Paolo fuori le mura e altri ancora nella Chiesa del Monastero di S.Saba in Cellanova. Tutte queste diverse opinioni è sufficiente solo che siano state riferite, anche perché non vi è alcun elemento che possa far pendere l’ago della bilancia a favore dell’una o dell’altra. Per il resto Papa Giovanni XVII è stato un uomo dotto, apprezzato nella corte papale e presso il popolo romano. Era destinato a continuare l’opera di rinnovamento del grande predecessore Gerberto d’Aurillac, Papa Silvestro II, avendo conquistato l’ammirazione e la stima sia degli ambienti ecclesiastici che politici. La sua immatura morte spense sul nascere ogni speranza di rinnovamento.
Nel mese di marzo dell'anno 1750, Francesco Antonio Grifoni, Parroco della Pieve di Rapagnano, nel vescovado di Fermo, rinvenne nella Pieve stessa, una lapide in pietra riguardante una memoria di Giovanni di Siccone. Fece nota la cosa al suo Arcivescovo che, con il titolo di Principe, era allora Alessandro Borgia presso il quale a quel tempo viveva il giovane nipote Sfefano, con lo scopo di conseguire gli studi filosofici e teologici. Stefano, esaminato l'importante reperto, così ne decifrò il testo: IOANNES EX SICCON(e) ET COLUMB(a) IN A(rce o Agro) RAPUGNANI PROP(e) TINN(um) ORTUM HAB(uit) ADUH(uc) ADOL(escens) ROM(am) DUCT(us) ET A PETRON(io) COS(consule) DOM(i) RECEPT(us) ADEO LICTER(is) INCUB(uit) UT TOTO URB(is) APPL(ausu) V ID(us) IVN(ii) A(nno) D(omini) MIII FUER(it) PONT(ifex) CREAT(us) PAR(um) TN(tamen) REXIT ECCLES(iam) NAM REGNAT(urus) IN COEL(o) PR(idie) KALENDAS NOV(embris) SEQ(uentis) OBDORM(ivit) IN PACE. Di poi ne individuò la datazione che, secondo lui, doveva collocarsi nel XV secolo; e poiché nella parte destra della lapide al di sotto dell'iscrizione è inciso lo stemma Piccolomini sovrastato dalla mitra vescovile, il tempo di facimento della lapide doveva legarsi al tempo in cui un Piccolomini fu vescovo di Fermo. Secondo l'Ughelli, citato dal Borgia, nella seconda metà del cinquecento, tanto Enea Silvio Piccolomini (futuro Pio II), come il nipote Francesco Todeschini, al quale, come figlio di sua sorella, Enea Silvio nel farlo cardinale dette il cognome e lo stemma Piccolomini (futuro Pio III), furono l'uno vescovo di Fermo nel 1456 e l'altro nel 1485. Stefano Borgia però non ha dubbi che il tempo debba riferirsi a quello di Enea Silvio e così conclude: «Sendosi portato probabilmente Enea Silvio in Rapagnano per farvi la visita, o per altro motivo, ed avendo trovato alcun monumento, o in pietra, o in iscritto, fatto ne' tempi di Giovanni che per il lasso del tempo venisse meno, così Egli per conservare la memoria di questo santo e dotto Pontefice, facesse incidere l'Apografo, procurando di copiare, se non in tutto almeno in parte l'antico Prototipo; il che alcun pregio non toglie alla rarità del nostro monumento, anzi lo rende più verace e pregevole».
Oggi la lapide è incastonata nella parete destra dell'atrio della Pieve di Rapagnano, dove si trova il Battistero e tutti la possono vedere. Subito al di sotto dell'importante reperto è stata messa la seguente iscrizione: D. O. M. MONUMENTUM HOC PER SAECULA OCCULTU IOANNIS XVI RAPUGNANENSIS ROM. PONTIF. OPE & GRA ILLMI & RMI D. ALEXANDRI BORGIAE ARCHIEPI & PNPIS FIRMANI FRANCUS ANT. GRIFONI PAR. S. MARIAE POSTERITATI RESTITUIT Stefano Borgia richiama molto eruditamente le singole parti dell'iscrizione lapidea, e mette in luce la figura di Giovanni di Siccone. Per prima cosa ci rende noto che il testo della lapide dichiara con esattezza la paternità e la maternità di Giovanni: figlio di Siccone e di Colomba. Siccone dunque è il padre e non il nome di Giovanni XVII, come pensano molti storici quali il Biondi, il Genebrardo, il Muratori, l'Eggs e molti altri biografi di papi e tutt'oggi ancora confermato dall'Annuario Pontificio. Di poi ancora il testo della lapide rivendica l'origine picena di Giovanni: ebbe i natali nel territorio di Rapagnano, ai margini della valle dove scorre il fiume Tenna. E qui si contrappone alla storiografia che ancor oggi lo fa romano. Continua Stefano Borgia interpretando che Giovanni di Siccone ebbe umili origini, ma la sua fervida intelligenza venne notata dal console Petronio, quasi certamente legato alla nobiltà romana dei Crescenzi o dei conti di Tuscolo. Petronio condusse con sé a Roma Giovanni ancora adolescente. La sua intelligenza, rettitudine e forza morale fecero sì che egli ascendesse al Pontificato. Giovanni di Siccone fu incoronato Pontefice il 9 giugno dell'anno 1003 e resse la Chiesa per quattro mesi e ventidue giorni, dopodiché si addormentò nel sonno sereno della morte. Il Borgia dà a questo papa il nome e la numerazione di Giovanni XVI, riferendosi al fatto che il predecessore con lo stesso nome e numero era stato un antipapa opposto al papa legittimo Clemente V. Sta di fatto però che, secondo le fonti ufficiali, Giovanni di Siccone figura come Papa Giovanni XVII. Si è ritenuto allora opportuno, al fine anche di inquadrare nel suo tempo la dissertazione del Borgia, dare al lettore un breve cenno sulle figure dell'antipapa e del papa, con lo stesso nome Giovanni e con la numerazione sedicesimo l'antipapa e diciassettesimo il papa legittimo, nel contesto della storia da loro vissuta e che abbraccia un breve ma intenso periodo dell'alto medioevo, che va dall'anno 996 all'anno 1003. Tale periodo si intaglia nel contesto dell'aspra lotta tra popolo e aristocrazia romana della quale è a capo la famiglia de' Crescenzi e per essa Crescenzio detto il Nomentano, per le sue vaste tenute a Mentana, da una parte, e l'Imperatore del Sacro Romano Impero, e per esso Ottone III, dall'altra. Nel mese di marzo 996 il trono papale si rendeva vuoto per la morte di Giovanni XV, dopo un pontificato travagliato e controverso, all'ombra della tirannia di Crescenzio, e durato ben undici anni. La notizia della scomparsa del papa raggiunse l'orfano sedicenne Ottone di Sassonia, destinato a succedere al padre sul trono del Sacro Romano Impero, a Pavia, dove indugiava in svaghi filosofici e letterari, senza fretta di proseguire per Roma, dove era invece sollecitato dal partito imperiale che voleva disfarsi della ormai lunga dittatura di Crescenzio. L'immediata preoccupazione della diplomazia imperiale fu quella di impedire a Crescenzio di approfittare della Sede Vacante per imporre un suo uomo sul trono pontificio. Ottone fu raggiunto a Ravenna, dove si era trasferito, dagli emissari della Curia Romana e dello stesso Crescenzio, latori di messaggi concilianti e di rispettose affermazioni di sottomissione, tanto concilianti da apparire sospetti. Ottone e la Corte non nutrivano ormai più alcuna fiducia della lealtà e dello spirito di obbedienza all'Impero proclamato dai Romani. Però quei messaggi del clero e della nobiltà capitolina, esprimendo fra le altre cose, costernazione per la morte del Pontefice, rimettevano al volere dell'Imperatore la designazione del successore di Pietro. Ottone, e per esso la diplomazia imperiale, colse la palla al balzo e il nuovo papa fu così scelto nel campo di Ravenna dai soli dignitari dell'Impero, cosa del tutto nuova, in quanto l'elezione del vescovo di Roma era sempre stata prerogativa del clero, del popolo e della nobiltà romana, anche se richiedeva poi la sanzione imperiale. Per la prima volta, quindi era stato sottratto il trono papale alle mani ed ai giochi del patriziato romano, per saldarlo indissolubilmente al volere imperiale. Sul soglio di Pietro salì per la prima volta un papa tedesco, intimamente legato alla dinastia imperiale da vincoli di sangue, Brunone di Carinzia, cappellano di corte e cugino di Ottone, che prese il nome di Gregorio V e fu consacrato in Laterano il 3 maggio 996. Poco dopo il giovedì 21 maggio, festa dell'Assunzione, il sedicenne Ottone riceveva in San Pietro la corona imperiale dalle mani del suo augusto cugino. Il successivo 25 maggio fu indetto in San Pietro un Concilio al quale parteciparono al completo tutto il clero romano e tutti gli ecclesiastici calati al seguito della Corte Imperiale, per ristabilire nell'Urbe l'ordine violato da Crescenzio. Il patrizio fu chiamato a rispondere del suo cattivo comportamento nei riguardi di Giovanni XV e fu pubblicamente umiliato e costretto alla sottomissione. Ai primi di giugno, quando ormai Roma ed il papato sembravano sottostare al volere imperiale, richiamato dalle sue beghe tedesche, Ottone lasciò Roma. Crescenzio ruppe gli indugi e la mattina del 29 settembre fece irruzione nel Palazzo Laterano. Gregorio V fece appena in tempo a fuggire, guadagnando fortunosamente le mura incustodite e la campagna. In un primo momento, a Crescenzio, che aveva riassunto il titolo di Patrizio e Console dei Romani, non passò per la mente la sostituzione del papa che anzi, rifugiatosi a Pavia, continuava molto degnamente la sua missione apostolica. Ma quando tornò a Roma da una missione a Costantinopoli il greco-calabrese Giovanni Filagato nativo di Rossano Calabro che era stato vescovo di Piacenza, molte occasioni gli furono favorevoli per imporlo sul trono vuoto di Pietro. Giovanni Filagato prese il nome di Giovanni XVI e gran parte del clero e dei vescovi che lo avevano eletto lo considerarono pontefice legittimo, ritenendo Gregorio V dimissionario perché fuggito da Roma. Ottone III con la sua armata varcò le Alpi i primi giorni del 998 e si diresse su Roma. L'arrivo delle truppe imperiali seminò il panico nell'Urbe. L'antipapa fuggì verso il sud rifugiandosi nel Castello di Torre Astura, dove raggiunto, nonostante le implorazioni del suo conterraneo San Nilo, gli furono cavati gli occhi, strappata la lingua, mozzato il naso e le orecchie, e trascinato a Roma fu gettato in una cella. Crescenzio il Nomentano si asserragliò con i suoi fedeli a Castel Sant'Angelo. Dopo un lungo assedio, il 29 aprile del 998 fu catturato, decapitato ed infine il cadavere impiccato con molti dei suoi fedeli seguaci, sul Monte Mario. Gregorio V tornò sul Soglio di Pietro e fu così tragicamente restituito l'ordine prestabilito; ma la repressione imperiale lasciò un solco indelebile nell'animo non solo dei romani. Il giovane Ottone, cui San Nilo mise innanzi la sua cieca ferocia, vagava eremita e penitente nelle celle dell'Italia centrale e meridionale. Il suo sogno di instaurare a Roma la Sede Papale ed Imperiale si infranse con la sua morte avvenuta a soli 22 anni nel 1002 in un castello del Monte Soratte e con quella dell'anno successivo del Papa Silvestro II, successo a Gregorio V, che tale sogno accarezzava insieme all'Imperatore. A Roma, crollato il sistema imperiale, ripresero il comando la nobiltà ed il popolo capeggiati ancora per poco dai discendenti di Crescenzio il Nomentano. Probabilmente questi ebbero parte notevole a che il clero ed il popolo, dopo la morte di Silvestro II, imponessero la tiara a Giovanni di Siccone, che prese il nome di Giovanni XVII e che la storiografia vuole romano. La attenta dissertazione di Stefano Borgia ci documenta invece che Giovanni di Siccone ebbe i natali in terra picena, a Rapagnano, castello del vescovado di Fermo, poco lontano dal quale scorre il fiume Tenna, che raggiunge di lì a poco l'Adriatico subito a nord di Grottammare, la patria di un altro papa piceno, anche egli di umili origini, Felice Peretti, che prese il nome di Sisto V.
STORIA DELLA LAPIDE RAPAGNANESE
PAPA GIOVANNI XVIIIL SEMIBUSTO
L’opera è dell'ascolano Giorgio Paci "celebre capo delle majoliche di Ascoli" ed è stata pagata scudi 5 dal canonico Giuseppe Grifoni, che ha fatto costruire la nicchia dove è stato collocato. Sempre sul foglio si legge: "Don Giambattista Alici e Vincenzo Benigni ... hanno compito col simmetrico ed elegante ornamento alla suddetta nicchia e col cartello e descrizione sotto”. IOANNES.XVII.P.M. RAPUGNANI. CREATUS.V.ID.IUN.MIII. OBIIT.PR.K.NOV.MIII. Sul retro del foglio citato si legge ancora la seguente nota del canonico Grifoni che ha pagato in proprio l'opera del Paci: "Succedendo che qualcuno volesse collocare altro semibusto o di fino marmo ben lavorato, o di metallo invece del retroscritto collocato, conforme al rescritto di Sua Em.za. allora voglio, ordino, e comando, che il diprima semibusto di majolica sia trasportato nella Chiesa del Carmine, vicino alla Tenna, Patrimonio del Canonico Grifoni, consentendo a ciò li retroscritti Sig.ri Alici e Benigni...". Per finire si ricorda che copia del semibusto in gesso si trovava in Comune fino al 3 ottobre 1943, giorno in cui il terremoto lo mandò in frantumi facendolo cadere dalla mensola, dove era stato collocato. In occasione della celebrazione del Millenario del Pontificato e della morte di Papa Giovanni, il Comitato, appositamente costituito, ha dato alla pittrice Marisa Calisti, montegiorgese, ma residente a Rapagnano, l’incarico di restaurare il busto che, nel corso degli anni, aveva subito qualche ingiuria, dovuta al tempo. L’artista, effettuato il restauro, ha rilasciato una relazione tecnica sul lavoro eseguito, cui ha aggiunto delle notizie storico-biografiche su Domenico Paci, secondo lei, autore dell’opera, che riportiamo integralmente. Relazione tecnica relativa al restauro del Busto in Terracotta del Pontefice GIOVANNI XVI conservato nella chiesa parrocchiale di Rapagnano L'opera in terracotta si presentava prima del restauro con abrasioni su gran parte della superficie e mancante di alcune parti non indicative. Le abrasioni riguardavano prevalentemente la superficie pittorica che originariamente tra il 1810 - 1815 circa era stata trattata con colore a tempera che emulava il bronzo, quindi intorno agli anni '40 con un colore blu scuro solubile ad acqua . L'intervento effettuato sul busto in terracotta rappresentante Papa Giovanni XVI ha seguito i sotto elencati criteri: E' stato eseguito un processo di pulizia con acqua tiepida e panno non abrasivo per liberare l'oggetto dalla polvere depositata. Si è proceduto ad un intervento stuccatura sulle parti maggiormente abrase con ricostruzione di alcuni particolari mancanti ( parti della corona pontificia), l'opera di stuccatura è stata effettuata con un impasto di gesso e collanti asportabile ad acqua. Si è proceduto quindi alla ridipintura dell'intera superficie con colori acrilici metallizzati, solubili all'acqua, simili al bronzo, i quali sono stati lucidati con panno morbido. Si è passata una mano di colore di cera oro antico che ha permesso di ammorbidire le superfici trattate con il colore tipo bronzo. Tutti i materiali sono idrosolubili anche se, una volta asciugati, conservano una discreta impermeabilità.
Busto del Papa Giovanni XVII, opera di G.Paci Rapagnano, Chiesa Parrocchiale L’anno 1829, alcuni Rapagnanesi chiedono il permesso all’Arcivescovo di Fermo di poter collocare in una nicchia della Chiesa Parrocchiale, un busto in terracotta, a somiglianza di bronzo, del Papa Giovanni XVII. Il Card. Arciv. di Fermo risponde affermativamente, con lettera datata 30 luglio 1829. La cosa ci permette di datare l’opera dello scultore Paci con buona approssimazione. La documentazione, in copia, della corrispondenza fra i cittadini rapagnanesi e l’arcivescovo, è stata rinvenuta in un foglio dell’ex archivio Panurghi, con la scritta “copia”, in alto a sinistra, che riportiamo di seguito: "Em.za Rev.ma. Alcune persone di Rapagnano supplicano umilmente 1'Em. Vs. Rev.ma a volergli accordare la licenza di poter collocare a loro spese un semibusto ben costrutto a similitudine di metallo del papa Giovanni XVII nella nicchia di questa Chiesa Collegiata esistente nel mezzo del dapiedi di essa chiesa, ove sarebbe anche ornamento alla medesima”. I1 30 luglio 1829 il Card. Arciv. risponde: "Accordiamo il permesso,... beninteso, che il collocato semibusto non abbia a rimuoversi finché non venghi fatto d'altra materia più dignitosa,...·.
PAPA GIOVANNI XVII CELEBRAZIONI DEL MILLENARIO
Il Comitato
Nell’anno 2003, millenario del Pontificato e della morte di Giovanni XVII, Rapagnano, suo paese natale, ha voluto ricordare questo avvenimento,  con una serie di manifestazioni celebrative, che hanno abbracciato quasi l’intero arco dei dodici mesi.Su iniziativa dell’Amministrazione Comunale e della Parrocchia, è stato costituito un apposito comitato, cui è stata affidata l’organizzazione della manifestazione e del quale hanno fatto parte lo stesso Sindaco Gianni Belletti e il Parroco don Luigi Malloni, in qualità di presidenti onorari. Il Comitato per la Celebrazione del Millenario di Papa Giovanni XVII era formato da: Peroni Giuseppe, Presidente, Toscanelli Sergio, vice presidente, Ciaffardoni Anselmo, Segretario, Scopetta Quinto, Cassiere, Laici Marcello ed Eugeni Iolanda, rappresentanti del Comune ed inoltre i consiglieri Biancucci Marcello, Carassi Giuliano, Marcotulli Mariano, Croceri Sauro, Orsili giuliano, Rossi Norberto, Silveri Vitaliano, Deodori Amelio, Cinti Umberto.Il Comitato, regolarmente costituito il 13/05/2002, con un proprio statuto, aveva come finalità quella di onorare la memoria di Papa Giovanni XVIUI e contemporaneamente di promuovere la conoscenza del Paese nell’ambito della Regione, mediante una serie di manifestazioni di un certo rilievo. Il programma comprendeva tre generi di manifestazioni, che si sono svolte alternativamente nei vari periodi dell’anno: Manifestazioni religiose;Manifestazioni a carattere popolare-folcloristico;Manifestazioni a carattere culturale.Esse sono iniziate il 27/07/02 con la tradizionale festa delle Cove e si sono concluse il 26/10/03 (celebrazione della ricorrenza della morte del Papa, anticipata alla domenica precedente) con la cerimonia dello scoprimento di una lapide-ricordo. L’apertura ufficiale dell’anno dedicato a Papa Giovanni Siccone è avvenuta il 29/12/02, con il simbolico trasferimento del busto del Papa dalla sua casa natale,  in contrada Castelletta, alla Chiesa Parrocchiale, scortato da cavalieri in costume, accolto dal popolo, dalle autorità civili e dall’Arcivescovo di Fermo, Gennaro Franceschetti. Le Manifestazioni religiose sono proseguite con la mostra dei presepi in occasione del Natale e con la Missione Parrocchiale tenuta dai PP.Passionisti, dal 29/03/03 al 12/04/03 e concluse con la celebrazione della Pasqua. Le altre manifestazioni a carattere religioso, che il Comitato ha organizzato sono state le seguenti: Celebrazione della Festività di S.Giovanni Battista.Incontro con il Card.Mejia Gorge Maria dell’8 giugno 03.Incontro con il Card. Sebastiani Sergio il 26/10/03, a chiusura delle celebrazioni.Udienza Papale in piazza S.Pietro a Roma, ad una folta rappresentanza di Rapagnanesi l’11 giugno/03, con una particolare menzione da parte del Papa. Le più importanti manifestazioni a carattere folcloristico sono state: 17/03/03 Organizzazione dell’arrivo della Tappa a Rapagnano della gara ciclistica Tirreno-Adriatico.03/05/03 Concerto musicale del gruppo GEN ROSSO.04-05 / 17-05 / 08-06 Concerti del Corpo Bandistico Città di Rapagnano, della Fanfara dei Bersaglieri, della “Racchia” di Sarnano e rassegna Bande musicali.10/05/03 Concerto di musica leggera dei “Ricchi e Poveri”.11/05/03 Manifestazione paracadutistica11/05/03 - 18/05/03 Fuochi artificiali18/05 - 08/05/03 Gare ciclistiche per dilettanti.27/07/03 Festa delle Cove.02/08/03 Festa e cena degli Anziani.20/09/03 Festa dello Sport.Infine le manifestazioni a carattere culturale sono state: 09/05/03 Spettacolo Teatrale “Rapagnano nella Storia” della Scuola Media.16/05/03 Concerto di musica medioevale del complesso “Errabondi Musici”.18/05/03 Concerto della Banda dell’Arma dei Carabinieri07/06/03 Tavola Rotonda: Studi e ricerche sull’epoca e la vita di Giovanni XVII.21/06/03 Rievocazione storica in piazza dell’anno 1000 a cura della Scuola Elementare.Il Comitato ha provveduto anche a stampare due piccole opere di rilevante importanza per la storia di Rapagnano: Stefano Borgia, Monumento di Giovanni XVI illustrato (ristampa) con introduzione di Edoardo Mori.Atti della “Tavola Rotonda “Papa Giovanni XVII e i suoi tempi” a cura di don Luigi Malloni e del prof. Anselmo Ciaffardoni.Il giorno 26/10/03 si è svolta la manifestazione di chiusura delle celebrazioni del Millenario di Papa Giovanni XVII con la partecipazione del card. Sergio Sebastiani. In tale occasione nella Chiesa Parrocchiale è stata scoperta una lapide ricordo della Celebrazione e successivamente è stato tenuto un concerto di musica dal Coro “Domenico Alaleona” di M.Giorgio. Il Comitato per allestire tutte queste manifestazioni, ha speso una rilevante somma di denaro, che ha superato la cifra dei 100.000 Euro. Tale denaro è stato reperito in vari modi; mediante: Contributi degli Enti Pubblici (Comune di Rapagnano, Provincia di Ascoli Piceno, Regione Marche, Carifermo, Banca Cooperativa di Montecosaro e Civitanova ed altri);Sponsorizzazioni di varie ditte commerciali, fra le quali si è distinto il Calzaturificio “Daino Shoes” di Rapagnano.Contributi degli abitanti di Rapagnano.Tutte le manifestazioni del programma sono state offerte al pubblico a titolo gratuito, così come sono state diffuse gratuitamente le due pubblicazioni sopra ricordate. Il Comitato ha onorato puntualmente tutti gli impegni di spesa ed al momento della cessazione ufficiale, ha chiuso il bilancio in perfetta parità. Gli scopi che il Comitato si era prestabilito al momento della sua costituzione, a giudizio unanime delle autorità e della gente, sono stati pienamente raggiunti: Papa Giovanni XVII, Siccone, è stato degnamente celebrato e ne è stata diffusa la conoscenza. Allo stesso modo è stata diffusa la conoscenza del Paese, perché in occasione delle varie manifestazioni, c’è stato un concorso straordinario di gente, venuta non solo dai centri limitrofi, ma anche dalle città più lontane della Regione, specialmente in alcune occasioni, come i Concerti del gruppo Gen Rosso e della Banda dell’Arma dei Carabinieri, nonché la Tavola Rotonda.
Video
Autenticità
Dal Sito “Orderofmaltaosj.org"
Reliquiario
S.GIOVANNI BATTISTACULTO E RELIQUIE
Rapagnano ha il privilegio di possedere, gelosamente conservata in un preziosissimo ed artistico reliquiario, la mano destra del S. Precursore Giovanni Battista. [if gte mso 9]> 96 Normal 0 14 false false false IT JA X-NONE
Storia
Nuovi reliquiari (uno per S. Gio. Battista ed uno per S. Tommaso e S. Lucia). “Nel 1570, il Pubblico di Rapagnano per dar culto separato alle soprannominate Reliquie provvide due Tubi di Cristallo, che fece ornare da un tal Vincenzo Tabor Orefice di Fermo con piede, e corona d’argento. In uno dei medesimi fu collocato il Braccio di S. Tommaso e la mano di Santa Lucia, nell’altro quello del Precursore S. Giovanni. Una tal gelosa operazione fu eseguita sopra l’Altare medesimo dedicato a S. Giovanni. Il Magistrato fu presente, ma non così d’appresso che potesse tutto minutamente osservare, né fu abastanza cautelato nello sceglier persona, su di cui non dovesse cadere alcun sospetto. Fu questi un certo D. Bartolomeo di Monsampietro degli Agli, ora detto degli Angioli, Cappellano di quella Comunità, uomo da molti tenuto per tristo e fattucchiero. Se ne querelò di fatti il Sig. D. Giovanni Ventura con due con altri Sacerdoti, ma il Magistrato non diede loro verun ascolto, e compita la funzione furono riposti i due Tabernacoli nell’Armario e ne fu consegnata la chiave al Capo dei Residenti. Fratanto nessuno si avvide che il Cappellano D. Bartolomeo aveva tolto le autentiche, e la carta pecora con alcuni pezzetti delle Reliquie. Il solo Orefice, che era assistente al di lui fianco l’osservò, ma tacque per non far nascere tumulto. A questo furto egli non molto sopravvisse, giacché tornato nella sua Patria non molto dopo passò all’altra vita...”
Traslazione Reliquia a Chiaramonte Gulfi (Clicca per video)
L’evangelista S. Luca aveva trovato a Sebaste, custodito gelosamente, il corpo di S. Giovanni Battista e voleva recarlo con sé in Antiochia. Non potendo portarlo integralmente, recò con sé il braccio destro, del quale gli Antiocheni si dimostrarono subito devotissimi per i numerosi prodigi e grazie ricevute. Quando S. Luca, nella sua apostolica peregrinazione, si trasferì in Bitinia, un certo diacono, chiamato Giobbe, prese in custodia il corpo del santo Precursore e lo trasportò a Costantinopoli, ove fu custodito e venerato fino a che i Mussulmani, nel riaccendere la lotta contro le sacre immagini, costrinsero i cristiani a fuggire ed a recare con sé quanto di sacro era loro possibile, compresi libri, oggetti vari e sacre reliquie
Reliquia Antica stampa
Il Santo Braccio di S. Giovanni è portato a Roma
Ottobre 1573 - Visita di mons. Maramonti e decreti di sospensione e di revoca del culto alle sacre reliquie “Una tal sottrazione venne scoperta colla venuta in Rapagnano del Visitatore Apostolico Monsig. Maramonti Vescovo Uticense. Vi giunse nel mese di Ottobre dell’anno 1573. Visitò l’armadio delle Reliquie, ed allora fu che, con sorpresa ed ammirazione di tuti, non vi furono rinvenute né la carta pecora né le autentiche dei più volte lodati Santi Gio. Battista, Tommaso d’Aquino e Lucia. Quindi ne nacque il decreto che porta la data dei 21 ottobre dell’anno stesso 1573. […..] Da questo decreto venne sospesa ogni venerazione e culto a queste Reliquie, il che non piccolo dispiacere cagionò a tutto il Popolo. Iddio però, che aveva sempre glorificato il Braccio del diletto Precursore, non soffrendo la sospensione del culto ad esso prestato dai Rapagnanesi, incominciò ad affligger la Marca tutta con folgori, turbini, e grandini, e soprattutto Fermo, e Rapagnano. Si accorse in allora il Vescovo, che il dubitare dell’autenticità di quelle Sante insigni Reliquie era lo stesso che provocar lo sdegno Divino, risolvette perciò di recarsi nuovamente in Rapagnano e di farle subito esporre alla pubblica venerazione, rivocando così il Decreto dei 21 ottobre”. 
E’ a questo punto che un religioso Agostiniano, P. Francesco Benigni, uomo di grande pietà e dottrina, fuggendo in occidente con i soldati francesi, portò con sé a Roma la reliquia della mano destra di S. Giovanni Battista. A Roma, l’Ordine Agostiniano lo elesse Superiore Generale, carica che gli fu riconfermata a Bologna il 22 maggio 1306. Agli inizi del 1300 il P. Benigni, marchigiano di Monterubbiano, desiderando trasferirsi nella sua Patria (in quel tempo, la divisione politica dell'Italia era diversa dall’attuale) portò con sé, sia la reliquia di S. Giovanni Battista, che le altre due, cioè: il braccio sinistro di S. Tommaso d’Aquino e la mano sinistra di S. Lucia. 
STORIA DELLA RELIQUIA
Progetto Tentoni Altare S.Giovanni
La Sacra Reliquia di S. Giovanni Battista è portata a Rapagnano. Fatti straordinari e dono al popolo rapagnanese del santo Braccio. Dai documenti dell’epoca, come ci sono giunti dal “Discorso” di don Federico Fagotti, parroco di S. Matteo di Fermo e sunteggiati dal Curato Giovanni Compagnoni, in un esposto dedicato alla Ven. Confraternita di S. Giovanni Battista, del 24 febbraio 1854, leggiamo: “Il sudetto P. Benigni da Roma si recava alla sua Patria per arricchirla di questo Sacro Tesoro. Strada facendo più, io credo, per impulso Divino, che per propria deliberazione risolvette di passare in Rapagnano. Quivi giunto fu sul fatto assalito da violentissima febbre. Il male andò talmente ad aggravarsi, che fu dovuto munire del Santissimo Viatico. Giunto il Parroco nella Camera dove egli era malato collocò la Sacra Pisside sopra una Cassettina, che posava in un Tavolino coperto di Tovaglia. La Sacra Pisside non appena ivi posata, che elevossi in aria con ammirazione e stupore di quanti eran presenti. Fu interrogato il detto padre, che cosa volesse ciò significare, rispose, che la Sacra Pisside era posta sopra una cassetta che conteneva il Braccio destro di S. Giovanni Battista, il Braccio sinistro di S. Tommaso d’Aquino, e la mano sinistra di S. Lucia, e che a ciò si doveva riferire il gran portento.  Divulgato il gran prodigio, il Pubblico avido di possedere Reliquie tanto pregiate fece istanze le più pressanti presso il Religioso Benigni, perché si fosse degnato di lasciarle in Rapagnano. Fu esso però invincibile, giacché aveva fatto fermo proposito di farne dono alla sua patria. Intanto egli si risanò, e già si allestiva alla partenza. Ma che può l’uomo contro i Decreti del cielo? Esso nuovamente cadde infermo in maniera che la sua vita era già nell’estremo pericolo di morte. Conobbe egli allora la volontà di Dio, che era quella appunto, che lasciasse le Reliquie in Rapagnano, e dimettesse il pensiero di trasportarle nella sua Patria. Risolvette adunque di donarle a quel Pubblico, con il quale ne fece pubblico Istrumento, quale più non esiste, credendolo io perduto coll’incendio degli Archivj in tempo di Guerre Civili. Il piacere, la gioia, il concorso dè Rapagnanesi fu innumerevole, e la di loro divozione, e culto furono compensati con molti favori, grazie, e miracoli operati a di loro vantaggio da queste Sacre Reliquie. Le medesime furono venerate per più di due secoli nella stessa Cassetta, che si ebbe dal P. Benigni. Erano esse munite delle loro rispettive autentiche, e di una carta pecora descrivente in lingua francese il luogo d’onde erano venute, e le altre circostanze, che riguardavano le medesime...” 
Il corpo di S. Giovanni Battista tra i cristiani d’Oriente
Altare Reliquia S.Giovanni  Progetto del Tentoni
Il processo Borgia doveva portare al riconoscimento del santo Braccio di Gio. Battista attraverso quei fatti prodigiosi, che lo avevano distinto e reso famoso sia in Antiochia che a Rapagnano. L’affermazione dei prodigi buoni o nefasti, si manifestava nel restringimento o apertura di tre dita, cioè l’indice, il medio e l’anulare. Tralasciando gli avvenimenti un tempo registrati in Antiochia ed in altre località della Chiesa orientale; nel 1528 così predisse l’orribile peste di cui fu afflitto il Piceno e segnatamente Fermo, essendone però preservato Rapagnano. Predisse il catastrofico terremoto del 1703, che colpì l’Italia Centrale e specialmente la città de l’Aquila con oltre 6.000 morti. Allo stesso modo fu predetta la guerra civile di Fermo, in cui restò ucciso mons. Visconti Vice-Governatore di Fermo, durante la quale per la prima e unica volta gli archivi rapagnanesi sono stati incendiati e distrutti. Nel 1774 predisse la penuria dei generi alimentari. Secondo Processo Borgia (1736) sul “Miracolo operato dal Pane benedetto col Santo Braccio di S. Gio. Battista” Nel 1736, tra la fine di ottobre e la prima metà di novembre, una mortalità epidemica, come la recente della “mucca pazza”, fece strage di bovini in Lombardia, Romagna, Regno di Napoli e nel Piceno. Anche a Rapagnano, specie nella contrada S. Tiburzio, avvennero casi uguali. “…Esposta la S. reliquia nella chiesa parrocchiale, e fatte pubbliche preci per l’allontanamento del morbo, mentre veniva riposta… un tal Biagio Astolfi chiese che da un sacerdote colla S. reliquia fossero benedetti alcuni pani i quali mangiati da buoi infermi, tosto guarirono. Ottennero grazia di guarigione per le loro bestie quanti ricorsero al rimedio del pane benedetto … Com’ebbe conosciuto tali grazie monsignore Angelo Locatelli di Cesena governatore di Fermo ordinò al magistrato e vicario di Rapagnano che per tre giorni continui a cura del pubblico si esponesse in venerazione la S. Reliquia, e con essa si benedicesse molto grano da panizzarsi a spese della comunità per quindi dispensarsi a’ poveri coloni, i quali fossero concorsi alla solenne processione che si fece nel novembre 1736. Quattro - cinquemila forestieri convennero a Rapagnano … tantochè la chiesa maggiore del paese non essendo capace di contenere il numerosissimo popolo dovette darsi la benedizione nella pubblica piazza: e da quel tempo cessò interamente l’epidemia”. Il 7 dicembre 1736, Mons. Borgia scrive al vicario foraneo di Rapagnano, Giuseppe Campanelli, autorizzandolo ad istruire un processo sull’accaduto, pregandolo di trasmettere copia per conservarlo con altri documenti di detto Santo.
AUTENTICITA’ DELLA RELIQUIA
Processo Pinnelli sull’autenticità del S. Braccio (1582) Morto l’Arcivescovo di Fermo, fu mandato a reggere l’arcidiocesi fermana mons. Domenico Pinnelli. I Rapagnanesi, “a scanso di dubbi”, chiesero al nuovo Pastore che si istruisse un formale processo sull’autenticità del santo Braccio di S. Giovanni Battista (gli originali di tutti i processi sono conservati nell’Archivio Parrocchiale). A tal proposito fu delegato il sig. Vincenzo Claretti, Procuratore del popolo di Rapagnano, perché ne facesse ufficiale richiesta all’arcivescovo tramite il suo vicario generale. Il presule fermano Pinnelli accolse l’istanza e si degnò di stendere il seguente decreto: “Nos igitur communicato negocio in Congragatione nostra Generali, ac matura desuper habita consideratione, praedictas Reliquias, ut proprias, praedictorum Sanctorum venerandas esse, et venerari in futurum deberi auctoritate tum nostra ordinaria qua fungimur, tum Apostolica nobis delegata ad D.O.M. honorem, eorundemque Sanctorum, ac totius Curiae Coelestis gloriam, mandamus, praecipimus, ac jubemus ab omnibus, et quibuscumque Christifidelibus utriusque sexus, et praecipue a populo illo Ripejanensi, hujusmodi sacris, ac venerandis Sanctorum Reliquiis decorato, et ut praemissa majori cum pietate, et Religionis ardore exequerentur, ad Terram praedictam Ripejanensem accessimus, et in die S. Antonii, quae fuit decima septima Mensis Januarii praesentis Anni post Missam Magnam cum Populi frequentia, processionaliter propriis manibus portavimus. Quocirca RR. DD. Colloctio Novello, et Francisco Blondo de d. Castro Ripejanensi Rectoribus, et Deputatis ad Curam Alatris praedictarum Reliquiarum per praesentes committimus et mandamus, quatenus praedictas Reliquias in diebus festivitatum illorum Sanctorum Populo ostendant, ac eas maxima cum devitione habeant, et ut tales ab omnibus Christifidelibus utriusque sexus venerari mandamus, contrariis quibuscumque non obstantibus. In quorum omnium, et singulorum praemissorum fidem, et testimonium veritatis praesents litteras, seu privilegium manu nostra subscriptum, exinde fieri, et subscribi per infrascriptum Nostrum Notarium, et Cancellarium, et Sigilli Nostri Majoris, quo in similibus utimur appensione muniri, et roborari fecimus. Datum Firmi in Palatio Nostro Episcopali sub anno D. N. Jesu Christi millesimo quingentesimo octuagesimo tertio inditione undecima, Pontificatu Ssmi D. N. Gregorii Papae XIII, anno Pontificatus ejusdem undecimo, die vero quinta Mensis februarii praesentis anni. Ita mandamus, et committimus Dominicus Pinnellus”.
Processo Borgia (1735) “Sull’aprimento e stringimento della S. Mano di S. Gio. Battista”
Da questo decreto chiaramente si conosce che non si deve più mettere in dubbio essere il vero Braccio del Precursore S. Gio. Battista quello, che si venera in Rapagnano. Questa prova viene anche fiancheggiata dai prodigiosi replicati portenti operati dal medesimo Santo Braccio. Si disse fin da principio che in Antiochia questa preziosa reliquia nel giorno dell’Esaltazione di S. Croce coll’estensione e coll’attrazione delle dita prediceva abbondanza o scarsezza di ogni sorte di generi. Lo stesso prodigio si è più volte rinnovellato in Rapagnano, e nel 1755 ne fu formato processo, onde il fatto non fosse potuto rivocare in dubbio.
Quadro ad olio, raffigurante i due reliquiari
Il quadro ha subito da poco un radicale restauro, essendo scomparsa per incuria una metà di esso e quindi la parte mancante è stata aggiunta di nuovo. Di questa stampa esiste un’altra versione, della stessa epoca, che si differenzia principalmente nel cartiglio non più orizzontale, ma ricurvo verso l’alto con il contorno molto semplificato.
Nuovo reliquiario (1820) e nuovo altare (1858) Il reliquiario realizzato dal Tabor nel 1570 aveva “quarciato il cristallo ove racchiudevasi la mano ed il braccio destro del Precursore”, perciò la popolazione per “maggior decenza” decise di rifondere un nuovo reliquiario d’argento “in altra forma e disegno”. Fu dato l’incarico al canonico Giovanni Battista Campili di reperire i soldi necessari, di procurarsi il disegno e di farlo eseguire. Il disegno è opera di Fedele Bianchini di Macerata, bravo allievo del Canova, che fu poi passato per la realizzazione a Raffaele Antonelli, eccellente argentiere di Fermo. Terminato il lavoro, il 23 settembre 1820 “l’ora prima di notte” nella Collegiata, alla presenza delle autorità civili e religiose e al suono delle campane è stato effettuato il collocamento della S. Reliquia nel nuovo reliquiario. Nel 1858 il popolo di Rapagnano ha voluto rinnovare anche l’altare dove si conserva la Sacra Reliquia. Il disegno è dell’ing. Francesco Dasti, la parte muraria del capomastro Luigi Caferri di Magliano, il rivestimento di scagliola, ad imitazione di diversi marmi, di Fabiano Latini di Mogliano, le dorature di Emilio Alessandrini di Montegiorgio. Spesa scudi 300 circa, dei quali: scudi 30 dal capitolo sull’offerta dei covi (grano); scudi 20 dal Municipio; scudi 250 dalle offerte dei fedeli
S. Braccio aperto e S. Braccio Chiuso I due disegni, realizzati su un unico foglio di cm. 33,5 x 22,5, raffigurano due immagini dell’antico reliquiario (1570), con la mano del Santo in posizione aperta e chiusa. La diversa posizione della mano nella tradizione rapagnanese è confermata dal “Processo Borgia”, come segno di prosperità quando è aperta e di sventura quando essa appare chiusa.Don Federico Fagotti nel suo “Discorso sulla mano destra di S.Giovanni Battista”, Fermo, 1858, p.58”, afferma che i due disegni sono stati eseguiti nel 1735, a cura del Comune di Rapagnano, dal pittore fermano Filippo Illuminato Ricci, figlio di Giovanni Natale, discepolo del Maratta, per essere così utilizzati: Da allegare agli atti relativi al prodigio della restrizione delle dita della Mano destra di S.Giovanni Battista del 19 marzo e l’8 aprile 1735, che Giuseppe Niccola Panurghi il 20 maggio 1735 ha consegnato a Mons.Borgia, Arcivescovo di Fermo.Allegati al volume di P.Odoardo Franceschini, pubblicato a Roma nel 1738.Distribuiti alla popolazione.Il quadro ad olio del Museo Parrocchiale, con i due reliquiari, potrebbe essere una trasposizione su tela dei suddetti disegni, opera di autore ignoto o dello stesso Filippo Ricci.
S.GIOVANNI BATTISTA in via Bora
S.ZENONE (Alteta di M.G.)
CHIESA PARROCCHIALE S.GIOVANNI BATTISTA
S.TIBURZIO
S.COLOMBA
Dall’inventario redatto nel gennaio del 1728 dai parroci Bernardino Perozzi d’Acquaviva, rettore della chiesa parrocchiale di S. Maria e Severino e Giuseppe Campanelli, rettore della parrocchia di S.Giovanni e Paolo, rileviamo le seguenti notizie: “La Chiesa dei SS. Maria e Severino, che forma un solo beneficio parrocchiale, ha dentro eretta (fin dal sec. XIV) un’altra parrocchia, distinta sotto il titolo de SS. Giovanni e Paolo; in tal modo che in una chiesa esercitavano la cura delle anime alternativamente e settimanalmente i parroci delle due parrocchie, uno indipendente dall’altro, con pari autorità e dignità, con la sola eccezione di cedere il posto al più anziano e farlo sedere, durante la predica nel posto ritenuto di maggiore dignità. Le funzioni dentro e fuori la chiesa venivano celebrate da ogni parroco, una settimana ciascuno, mentre i funerali erano celebrati dal parroco a cui il defunto apparteneva. Le dimensioni della chiesa erano uguali a quelle attuali con l’esclusione del coro e della sagrestia, aggiunte successivamente. La chiesa originaria disponeva di sette altari , tre dei quali sul lato destro e tre sul sinistro; il settimo, l’Altare Maggiore posto “al centro della chiesa vicino al campanile verso lo spiazzetto”, era dedicato ai titolari delle due parrocchie. Altare di S.Giovanni Battista, Altare dei Santi Sebastiano e Bernardino, Altare di S.Pietro e S.Giovanni Evangelista, Altare del Santo Rosario, Altare di S.Rosalia, Altare di S.Stefano. Nel gennaio 1753 "dopo replicati interventi di manutenzione, ispezione e ricognizione de periti" si rileva che il degrado di tutta la chiesa era tale da rendere inutile ogni parziale intervento e pertanto si giunse alla decisione di riedificare la chiesa. E i1 31 marzo 1763 "con universale gaudio e consolazione di tutto il popolo ... e preventiva licenza di Mons. Tenderini Vicario Apostolico", la nuova chiesa fu da don Nicola Morelli, successore del Grifoni, benedetta sotto il titolo dell'Immacolata Concezione e S. Giovanni Battista. Successivamente la chiesa subì varie modifiche su disegno dell’architetto Carlo Maggi e nel piano di queste si pose anche la nuova collocazione dell'altare maggiore nel lato opposto, cioè l'attuale e la costruzione del nuovo campanile sulla base del vecchio.. Con Bolla Pontificia del 29 marzo 1805 e relativo Decreto Esecutoriale del Cardinale Arcivescovo Cesare Brancadoro, del 7 ottobre 1805, venne eretta, nella Chiesa Parrocchiale , la Collegiata dal titolo dei SS.Maria e Giambattista. L’interno della Chiesa è ad una sola navata, decorata dall’artista Attilio Tentoni di M.Giorgio, in stile barocco, negli anni 1910 – ’12. Sul soffitto e sulle pareti sono affrescati le virtù teologali ed episodi della vita di S.Giovanni Battista, patrono del paese, cui la Chiesa è dedicata. Sulla parete destra, guardando l’altare maggiore, si osservano in ordine: - il busto in terracotta di Papa Giovanni XVII, opera pregevole in terracotta, attribuita all’artista ascolano Giorgio Paci da Giuseppe Rutili e, invece, a Domenico Paci dalla pittrice Marisa Calisti. - l’altare di S.Stefano con una pala raffigurante la Vergine con il Bambino, S.Stefano e S.Giuseppe, di autore ignoto. Su questo altare inoltre si può ammirare la copia di un olio su tela di cm.25 x 34, firmato da Carlo Maratta, raffigurante una Madonna con Bambino, della seconda metà del secolo XVIII. - l’altare di S.Giovanni Battista sul quale è posto un reliquiario che contiene il “Santo Braccio”, ossia la mano destra di S.Giovanni Battista, così come vuole un’antica tradizione. Sull’opposta parete, partendo dal fondo, si trovano l’altare dei Santi Sebastiano e Bernardino e quello del S.Crocifisso, opera, questa, di notevole valore artistico.
Ristrutturazione
S.ANTONIO ABATE
SUFFRAGIO
S.MARIA DELLE GRAZIE (Cerreto di M.G.)
Non si conosce la data della costruzione della primitiva Chiesa Parrocchiale, ma due documenti, uno del 1453 e l’altro del 1454, confermano l’esistenza della Chiesa in quegli anni. Sul documento del 1453  si legge: “…fatto a Rapagnano nella casa della Chiesa di S.Maria, sita in detto Paese, presso la pubblica piazza d’avanti e da un lato, dietro la comune cisterna e altri confini…” Sul secondo documento, riportato dal Piergentili nelle sue memorie, si legge: “…Sono di antica origine mentre si trova e si legge che la medesima chiesa esisteva nell’anno 1454. come in fatti abbiamo la vera prova sicura e certa ne la erezione dei due antichi Benefici, l’uno di S. Giovanni Evangelista che venne ordinato da Funari Pierozzo Blanciflora con instrumento del 6 luglio 1454. in atti del Notaio Nicola Giampaolo, simile altro Beneficio sotto il nome di S. Pietro Apostolo che venne ordinato da tale Domenico Giantoni Celitosi con testamento in atti del Notaio Ser Stefano di Ser Giovanni 12 Giugno 1454, istituito ad istanza di tale Blanciflora nella chiesa Parrocchiale di S. Maria in Rapagnano con Bolla Capitolare del 9 maggio 1476. Altra prova dell’antichità della suddetta chiesa Parrocchiale di S. Maria in Rapagnano è l’antico Beneficio dei SS. Stefano e Giacomo di Juspatronato della Famiglia Mancini di Rapagnano”.
S.ROSALIA
S.MARIADEGLIANGELI
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S.ZENONE - ALTETA DI M.G.
S.MARIA DELLE GRAZIE - Cerreto di M.G.
CHIESA PARROCCHIALE S.MARIA DEGLI ANGELI (1925) ARCHETTI DI RAPAGNANO
S.GIOVANNIBATTISTA
LE EDICOLE
CHIESA PARROCCHIALE S.ZENONE  Alteta di Montegiorgio
Si hanno notizie del luogo di Alteta fin dal 1155. Era un castrum, un castello, con popolazione complessiva di circa 500 abitanti, a poca distanza dal castello di Ripa Cerreto. La prima notizia trovata sulla chiesa è inserita nell'inventario redatto dal retto re don Grifoni, nel 1728, in occasione della visita dell'arcivescovo Borgia. In questo documento si può leggere:  «La chiesa parrocchiale dei Santi Maria e Zenone nel Castello di Alteta, appresso la strada maggiore e da un lato la casa parrocchiale. Fu edificata nell'anno 1575 e consacrata in tempo che era vescovo il card. Peretti, che poi fu assunto al pontificato e chiamato Sisto V, il 10 luglio 1576, in atto di sagra visita, essendo Sommo Pontefice Gregorio XIII, come costa in una copia esistente nell'archivio di suddetta chiesa. Sono in essa chiesa tre altari, cioè da capo la cappella dell'altare maggiore dedicata all'Assunta della Beata Vergine colle figure de Santi Apostoli, di S. Zenone vescovo di Verona e protettore del luogo e di San Silvestro Papa. Al lato destro l'altare del SSmo Rosario e figure di S. Domenico e S. Caterina da Siena. Dall'altro lato l'altare del SS. Crocifisso colle figure dei SS. Carlo Borromeo, Francesco d'Assisi e Filippo Neri». Nell'inventario redatto il 17 gennaio 1772, dal rettore e pievano Gaetano Baccini in occasione della Visita pastorale si descrive: «La Chiesa di S. Maria e S. Zenone è posta dentro il Castello di Alteta, poco lungi dalla porta di detto Castello di Alteta, innanzi, dietro e da un lato ha le strade pubbliche e dall'altro ha una casa spettante nella parte superiore ad essa chiesa e nella parte inferiore alla Compagnia del Sacramento. La medesima chiesa è a tetto, i muri di lei sono lisci senza nessun ornamento; nella facciata ha la porta che è unica e tre grandi finestre, una rotonda sopra la porta e due bislunghe munite di ferrate ed ha un finestrino con ferrata a lato dell'altare maggiore, tutte con i suoi vetri e ben conservate. In essa Chiesa non vi sono Cappelle. Solo nel prospetto interiore vi è una nicchia formata da un grand'Arco, nella quale è situato l'Altare Maggiore. Nei pilastri di quest'Arco, nel corno dell'Evangelo evvi un credenzino chiuso da una portoncina dipinta, munita di serratura e chiave, ove si conserva l'Olio Santo, coll'iscrizione 1751 e in un'altra credenza si custodisce la reliquia della Santa Croce. Nel muro laterale di suddetta Chiesa, a corno Evangelii (guardando l'altare a destra), si trova il Battistero in una nicchia scavata nel pieno del muro, dentro dipinto e fuori chiuso da sportelli di noce e sopra l'immagine di S. Giovanni Battista battezzante Nostro Signore. Nel pavimento di essa Chiesa sonovi cinque seppolture coperte da pietre intere una delle quali con l'epigrafe: COMMUNITARIS 1733. Annessa alla stessa Chiesa è la torre, a cui si ascende con scale di legno e vi si entra sta oltre alle campane vi si trova l'Orologio della Comunità, al cui suono serve la campana maggiore. Tutto questo edificio di Chiesa, compresa la Torre e la nicchia dell'Altare è lungo al fuori palmi 70, largo palmi 40. Al di dentro poi il corpo della Chiesa è lungo palmi 52 e largo palmi 35, alto fino al pendio del tetto palmi 34. Il vero tempo della sua erezione non è noto ma nel 1563 esisteva come rilevasi dalla Bolla del 16 gennaio 1563, nella quale non è appellata parrocchiale. Nell'anno 1575 è stata in parte rifatta o abbellita leggendosi in un mattone collocato sopra la porta - Anno Jubilei1575. Fu consacrata dal vescovo di Fermo Peretti, poscia Sommo Pontefice col nome di Sisto V, il 10 luglio 1576 in atto di visita, come ricavasi da una memoria posta nella pagina di un libro di battesimi di questo archivio parrocchiale, legato in pergamena». La chiesa oggi sicuramente rinnovata, si presenta a navata unica con abside, internamente semicircolare e poligonale nella parte esterna. La copertura della navata è costituita da una volta a botte in camorcanna con lunette contenenti le aperture raccordate alla volta stessa da unghie; la volta della navata viene interrotta da un arco trionfale che poggia su due colonne giganti e delimita il presbiterio con volta a vela in camorcanna. La copertura dell'abside è a semicalotta sferica, sempre in camorcanna. Le pareti laterali interne sono ritmate da lesene scanalate e dipinte con capitelli compositi che inquadrano delle piccole nicchie. Le lesene sostengono una ricca trabeazione compostada architrave, un fregio non decorato e un cornicione. Dimensionalmente l'aula ha una lunghezza di circa 16 metri per circa 8 metri di larghezza; complessivamente, compreso il presbiterio e l'abside la lunghezza in pianta è di circa 24,50 metri, mentre l'altezza libera interna dal pavimento alla volta è di 12,80metri e l'altezza complessiva al colmo è di circa 15 metri. La facciata esterna è caratterizzata da una serie di riquadri geometrici rettangolari di diverse dimensioni, nella quale si trova un semplice portale d'ingresso e una finestra rettangolare. Viene completata da un frontone in muratura che sottolinea la copertura a due falde del tetto. La struttura lignea del tetto è costituita da capriate in legno e manto di copertura costituito da pianelle e coppi. La struttura portante è costituita da muratura di mattoni a faccia vista, lo spessore delle murature risulta variabile da 60 cm a 90 cm; gli elementi laterizi sono legati con malta di calce e sabbia.
Nel Luglio 1757, venne istituita in questo altare una Cappellania a favore di Gianbattista De Dominicis e del fratello con l’obbligo di tre messe alla settimana. L’antica Chiesa del Suffragio, sconsacrata fin dal 1821, oggi non esiste più come edificio autonomo, ma è stata utilizzata al tempo dell’ampliamento della Chiesa Collegiata nell’anno 1835 e ceduta allo scopo nel 1804. Attualmente risulta suddivisa in tre piani: il piano terra è adibito a sede della Confraternita del S.Rosario; il primo piano a sacrestia della Chiesa Parrocchiale e il piano superiore a sede del Museo Parrocchiale. Resta la facciata in cotto, che si presenta con la terminazione a timpano e divisa in due parti, di cui la superiore è alleggerita da un finestrone centrale chiuso da due nicchioni. La parte inferiore si presenta scandita da quattro lesene che sostengono il cornicione divisorio, piuttosto pesante, con la porta di ingresso alla sede della Confraternita di piccole dimensioni e con due finestre tardive, a servizio della sacrestia.
La Confraternita del Suffragio, ora estinta, nell’adunanza del 20 settembre 1719 decise di costruire una nuova chiesa. Nel mese di giugno 1727, in occasione della prima sacra visita di mons. Alessandro Borgia, fu approvata la pianta della Chiesa, già incominciata, e fu ordinato che in essa si facesse anche il cimitero come risulta dal Decreto della suddetta Sacra Visita. Ultimati i lavori il 23 giugno 1736 fu solennemente benedetta sotto il titolo della Madonna SS. del Carmine, di S.Nicola da Tolentino e delle anime del Purgatorio da don Alessandro Fabrizi di Rapagnano, prebendato della Metropolitana di Fermo.
La chiesa urbana di Santa Rosalia, patrona contro la peste, in via Roma, di proprietà degli eredi Grifoni - Bernetti, ma utilizzata dalla Parrocchia, è stata costruita dal rettore di quel tempo con i capitali, a tal fine lasciati, dal Capitano Giambattista Rettini, lo stesso che il 1° settembre 1681 in atti del notaio Nicolantonio Miti eresse provvisoriamente nella chiesa parrocchiale di S.Maria un altare dedicato alla Santa, assegnandole in dote due censi di 50 scudi. La costruzione fu terminata nel 1753 e, previa licenza dell’Ordinario, fu benedetta da D.Francesco Antonio Grifoni, parroco di Rapagnano e Vicario Foraneo il 23 dicembre 1754 e dal medesimo celebrata la prima messa, come da istrumento del notaio Pietrantonio Moretti dello stesso giorno e anno. Attualmente è di proprietà del Comune di Rapagnano, ad esso donata dagli Eredi Grifoni.
CHIESA DI S.ROSALIA (1753)
La chiesa è situata in Contrada Bora, anticamente Contrada la Pietrata, e da qualche anno è in rovina per il crollo del tetto. Col Decreto Arcivescovile n. 38 del 3 agosto 1988 è stata assegnata alla Parrocchia S. Giovanni Battista di Rapagnano. Il Serra scrive: “Chiesa suburbana di S. Giovanni Battista in contrada Bora. Ad una navata con tre affreschi sulla parete absidale del sec. XV-XVI e resti affrescati affioranti di sotto l’intonaco”.  Il Piergentili nei suoi appunti sulle chiese rapagnanesi ci fa sapere che “venne costruita da fondamento nel 1424 come si è rilevato in una memoria manoscritta del Sig. canonico don Giuseppe Benigni di Rapagnano , figlio del fu Francesco”. Nell’inventario del 1771 si legge: “… questa Chiesa ha due porte, una da ponente, sopra la quale ci è la finestra rotonda, e l’altra da mezzogiorno…”. Sotto il pavimento, verso l’ingresso, è posto il cimitero, costituito da quattro locali comunicanti, con soffitto a volta, dove ancora oggi vi sono resti sparsi di antiche tumulazioni e casse ammucchiate semidistrutte. Davanti alla chiesa, sulla sinistra, esiste ancora l’antica “casa del viandante” del 1543, oggi di proprietà Salvatori; quella precedente, che risale alla seconda metà del 1300, è famosa per aver ospitato il frate Francesco Benigni di Monterubbiano, con le reliquie di S. Giovanni Battista, S. Tommaso d’Aquino e S. Lucia. I tre affreschi della Chiesa, citati dal Serra, sono stati staccati dalla Sovrintendenza, portati in Urbino per la sistemazione ed ora si possono ammirare nel Museo parrocchiale. La Chiesa recentemente è stata acquistata dal Comune di Rapagnano che ha provveduto ad eseguire gli indispensabili lavori di restauro, con il contributo del Ministero Beni ed Attività Culturali (già stanziato con decreto del 24.01.2002).
CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA in via Bora (1424)
CHIESA DI SANT’ANTONIO ABATE (1582)
Chiesa urbana situata nella Piazza Siccone con l’ingresso nella via omonima. Il Piergentili ci riporta la seguente descrizione: “Di proprietà delle Ven. Confraternita del SS.mo Sacramento, venne costruita da fondamento per ordine del fu Adamo Mancini di Rapagnano, come da suo ultimo testamento olografo del 17 giugno 1579, ricevuto dal notaio di Fermo Fabio Strangolini che il Pio Benefattore Adamo Mancini lasciò alla Ven. Compagnia del SS. Sacramento una di lui casa ed altro con patto alla Ven. Compagnia di fabbricare subito la chiesa sotto il nome di S. Antonio Abate con tutte le premure della Compagnia e così venne terminata la Fabbrica intorno all’anno 1582. 
Nella seduta consiliare del 9 ottobre 1788 viene richiesta l’autorizzazione di risanare ed ampliare la chiesa. Leggiamo infatti: “si propone come richiedesi dalla Veneranda Compagnia del SS. Sacramento di questo luogo a questa Comunità il permesso di poter fare una Sacrestia per commodo della Chiesa di essa Veneranda Compagnia sotto il titolo di S. Antonio Abbate nel sito che intercede tra detta Chiesa di detta Compagnia e la casa sua appartenente al sig. P. Stefano Millozzini e per togliere anche così l’umido grande che causa il terrapieno che esiste tra la casa del sig. Millozzini e la Chiesa”. Il “12 maggio 1827 venne benedetta nella chiesa parrochiale la statua di S Antonio Abbate da don Francesco Angelini Vicario; venne fatta fare dai Festaroli Ferracuti Domenico e Coccia Angelo; venne da Latini di Mogliano e quindi posta nella nicchia di S. Antonio in Piazza”.(Jsmi) Dalla “Voce delle Marche” del 1904 apprendiamo che la chiesa subì un radicale restauro che durò fino al gennaio del 1905. Al valente pittore di Montegiorgio Nicola Achilli fu affidata la decorazione che realizzò con delicati panneggi, emblemi ed altro coadiuvato dal bravo decoratore fermano E. Manaresi, mentre i fratelli Fioretti di Porto Civitanova realizzarono il bel pavimento a vari disegni , con materiale di loro fabbricazione. Dal prospetto del Polverigiani risulta che la Chiesa aveva anche un piccolo campanile. Osservando poi la parete laterale verso la piazza Siccone, si notano, nella parte centrale, tracce che fanno pensare, per forma e dimensioni, ad una porta richiusa. Lo spostamento della porta può essere causato dalla necessità di lasciare libera la piazza, posto preferito dai numerosi commercianti, che affluivano nei giorni di fiera o mercato. 
Tale chiesa è stata interamente ricostruita con portico sulle pareti laterali da Marcantonio Gigliucci nel 1507, come si legge sulla lapide murata in alto, sulla parete sinistra, di chi guarda l’altare e presso il presbiterio, sopra la porta laterale, sotto lo stemma dei Gigliucci si legge: D-M-ANT-GILIN-C-ECCLE HAC-COSTR-M-D-VII La costruzione è stata affidata al capomastro Angelo Inclise. All’origine la Chiesa era Parrocchiale, ma con Bolla del Pontefice Urbano VIII del 26 o 27 gennaio 1631 cessò di esserlo perché unita alla Chiesa Collegiata di S. Michele Arcangelo di Fermo. Mons. Cicconi, nella sua storia su l’ “Insigne Collegiata di S. Michele Arcangelo di Fermo”, Fermo 1920, scrive: “Un’altra chiesa venne pure incorpata a S. Angelo non si sa bene se nel secolo decimoquinto o nel principio del successivo, con la sua discreta possidenza: quella, cioè de’ SS. Tiburzio e Susanna, sita nel territorio di Rapagnano, di giuspatronato della stessa famiglia Gigliucci. Continuò ad officiarsi da un Cappellano a cura del Priore di S. Angelo fino agli ultimi tempi. Di essa si ricorda che venne ricostruita interamente con portico ed arricchita di quadri di qualche pregio l’anno 1507, a spese di don Marcantonio Gigliucci, che vi fece apporre la scritta”, sopra riportata. Al momento non si hanno notizie della chiesa precedente. Il Decreto Arcivescovile n.38 in data 3 agosto 1988, stabilisce ai sensi e per gli effetti dell’art.29, comma quarto, della Legge n.222/1985, che la chiesa di S. Giovanni Battista e la chiesa di S. Tiburzio sono assegnate alla Parrocchia di S. Giovanni Battista di Rapagnano.
CHIESA DEI SANTI TIBURZIO E SUSANNA (ricostruita nel 1507)
La Chiesa rurale situata nella contrada omonima è attualmente senza tetto e priva del portico che sorgeva all’esterno delle pareti laterali. Tra le carte del prof. Emiliani troviamo degli appunti relativi a questa antica chiesa: “Il canonico Marcantonio Gigliucci, vissuto su lo scorcio del sec. XV e sui primi del secolo successivo, Priore della insigne Collegiata di S. Michele Arcangelo, che molto l’arricchì aumentandone l’importanza ed il decoro artistico, dotò ed ornò anche la chiesa rurale dedicata ai SS. Tiburzio e Susanna, posta nel territorio di Rapagnano, nella contrada omonima, e soggetta al priorato di S. Angelo che per essere di patronato della famiglia Gigliucci fu da tale doviziosissima Casa molto largamente beneficiata.” 
La chiesa rurale dei SS. Colomba e Giambattista, di proprietà della Confraternita della Madonna del Rosario, si trova nella contrada omonima e fu eretta in onore della madre del pontefice Giovanni XVII, che si chiamava appunto Colomba. 
Il castello, dove il Papa si ritiene abbia avuto i natali si trova poco lontano dalla chiesa, ma verso il 1940 è stata demolita anche l’ultima parte di quello che restava. Il Piergentili scrive che la chiesa “venne costruita nell’anno del Signore 1612: in allora Parrocchiale ove viene eretto il ricco Beneficio dei SS. Colomba e Giambattista”; non precisa però se la costruzione si riferisce all’attuale chiesa o a quella un po’ più piccola, di cui sono ben visibili le fondamenta che si trovano dietro la chiesa, quasi trasversalmente, in mezzo all’aia. Contigua alla chiesa si trovava la sagrestia, sopra la quale c’era una stanzetta della stessa grandezza ed un piccolo campanile con una campanella. Sulla parete laterale sinistra, di fronte alla strada dell’ex casa colonica si legge la seguente epigrafe: MICHAEL.PIETRANGELUS.FIRMANUS PRAEDIA.SPECTANTA.AD.SACERDOTIUM SUB.TITULO.S.S. IOANNIS BAPTISTAE.ET.COLOMBAE IN.AGRO.RAPAGNANENSI PRO.FILIIS. NEPOTIBUS.AC.PRO.NEPOTIBUS.TANTUM JURE.EMPHITEUSIS.HABUIT HAC.LEHE.UT.ET.QUI.SACERDOTIUM.TENEAT SCUTATA.CLV.SINGULO.ANNO.SOLVAT CAJETANUS.FLORANIUS.SCRIBA.ARCHIEPAL TABULAS.CONCESSIONIS.EXARAVIT TERTIO.NONAS.OCTOBRIS MDCCXCIII
CHIESA DI SANTA COLOMBA E GIAMBATTISTA (1612)
Sandro Bartolacci
S.MARIA DEGLI ANGELI
La chiesa di S. Maria delle Grazie è costruita isolata a poca distanza dalle mura del castello di Cerreto, in Soli Lateranensi, come da bolla di erezione in data 20 luglio 1520, cioè costruita su «suolo lateranense», sotto la giurisdizione del capitolo di S. Giovanni in Laterano e fin da quell'epoca era di jus patronato della nobile famiglia fermana dei Pernesi, ossia la famiglia poteva indicare una serie di nomi per la scelta del parroco, e si caratterizza per le offerte e le opere realizzate nella chiesa. Si presenta all'esterno molto semplice, con tetto a capanna ed un prospetto principale caratterizzato da un portale a tutto sesto in pietra calcarea che poggia su esili stipiti lineari (questi sembrano di epoca e pietra diversa rispetto all'archivolto, ed anche la base degli stipiti sembra confermarlo). L'arco è delimitato da una modanatura perimetrale che termina all'imposta realizzando un semplice capitello e da una cornice interna arricchita da una dentellatura; questa decorazione a forma di piccoli parallelepipedi separa ti uno dall'altro, si ripete anche nella facciata (capitello delle paraste, cornicione che sottolinea le falde del tetto a capanna) e all'interno sia nell'imposta dell'arco trionfale a sesto acuto, che poggia su mensole decorate da dentelli, sia nella trabeazione della pala d'altare posta nella cappella di destra. Al centro della facciata troviamo sopra l'arco, un rosone con cornice in cotto, che delimita una vetrata; sulla facciata viene riferito, nei documenti d'archivio della chiesa, che era possibile leggere su un mattone la data 1519. La chiesa è formata da vari corpi di fabbrica costruiti in epoche diverse di cui il presbiterio e l'abside rappresentano la parte più antica. Il presbiterio è legger mente rialzato rispetto alla navata, è uno spazio di forma rettangolare, caratterizzato da archi a sesto acuto e coperto da volta a crociera ogivale. La presenza dell'arco e della volta ogivale fanno dedurre che l'origine sia riferibile ai secoli XIV-XV e che in quel periodo poteva rappresentare una piccola cappella. La famiglia Pernesi, probabilmente utilizza questa preesistenza e vi costruisce intorno la nuova chiesa con una navata di due campate con volte a crociera ed archi a tutto sesto nei primi decenni del XVI secolo. Alla navata longitudinale sono state aggiunte due cappelle laterali del XVII secolo. Quella di destra è stata edificata nel 1655 (o 1665?) per volontà della famiglia Rossi di Cerreto, demolendo l'antica cappella cinquecentesca del SS. Crocifisso e realizzando un altare e una soprastante ancona in stucco bianco che incornicia un Crocifisso. L'ancona è caratterizzata da due colonne corinzie decorate con un motivo vegetale che continua nel fregio della trabeazione e da un frontone ad arco ribassato spezzato. Nelle pareti laterali vi sono due dipinti con cornice a stucco, che raffigurano quello a sinistra San Pietro Apostolo e quello a destra Santa Caterina da Siena, commissionati dalla famiglia Rossi, della quale, sopra il dipinto di San Pietro, troviamo lo stemma all'interno di una cartella (motivo decorativo chiuso formato da volute ed elementi naturali simmetrici caratteristico del rinascimento e soprattutto del barocco). La cappella di sinistra, situata di fronte all'altra, è stata completamente ristrutturata nel 1805 demolendo le antiche pitture che raffiguravano la Madonna del Rosario. Comunque il grande valore non è rappresentato dalla struttura architettonica ma dagli affreschi cinquecenteschi, che si possono osservare tuttora nelle pareti e nell'abside. Brevemente riprendiamo la descrizione di mons. Vincenzo Vagnoni: «Ma ciò che più merita l'attenzione e colpisce lo sguardo del visitatore intelligente è l'abside: difatti subito si rimane impressionati per le pitture che la investono nella sua interezza e immediatamente rivelano l'autore nella persona di Vincenzo Pagani». In effetti tale attribuzione non è così sicura o almeno riguarda una sola parte degli affreschi, per gli altri ci sono riferimenti a più autori. Continua descrivendo gli affreschi del presbiterio: la Madonna delle Grazie seduta in trono e sopra le ginocchia il Bambino ed ai due lati San Sebastiano e San Rocco; sopra, il soggetto dell'Annunciazione. Negli affreschi delle pareti laterali troviamo diversi temi: l'incontro di Elisabetta con Maria, dentro le lunette l’Incoronazione della Vergine e la Visitazione, la sequela di diversi santi; nel lato sinistro, settore inferiore, figure degli apostoli e in una riquadratura della parte destra la Resurrezione di Cristo. Sulle campiture della crociera i quattro dottori della Chiesa Occidentale: Sant'Agostino, San Gerolamo, Sant'Ambrogio e San Gregorio Magno. Nelle pareti della navata a sinistra si osservano una Madonna della Misericordia che ricopre col suo manto i fedeli e a destra e lo Sposalizio di San Giuseppe con la Vergine. monsignor Vincenzo Vagnoni continua affermando che: «Mons. Cicconi afferma che le pitture sono della scuola del Perugino e che non siano di una sola mano. Ma ormai lo studio comparativo delle opere del Pagani non lascia dubbio sul suo nome. Merita ricordare che il pittore Luigi Fontana veniva assiduamente ad ispirarsi per le sue creazioni in questo piccolo tempio, passando lunghe ore nella contemplazione e studio per i suoi affreschi. Che la Chiesa è dichiarata Monumento Nazionale, come si legge nell'elenco degli edifici monumentali di Ascoli Piceno ...e che di essa si è occupato G.B. Compagnoni di Montegiorgio, amoroso e paziente conservatore ed illustratore di opere artistiche della sua Patria». 
Una chiesa piccola e semplice che contiene affreschi di notevole valore, definita da mons. Giovanni Cicconi, nel novembre del 1900: «Vera perla nascosta del Patrimonio Artistico delle Marche. Cerreto, perduto giù in fondo tra il verde cupo di una ricca vegetazione e chiuso intorno da monti e colline, non è stato sempre quale ora si presenta all'osservatore. Cerreto era un luogo di ritrovo dell'alta aristocrazia dei paesi vicini, ed attorno all'anno 1870 godeva ancora dell'autonomia comunale. In uno stato d'anime della parrocchia del 1765 si riscontra che a Cerreto allora vivevano 76 famiglie con un numero di 372 abitanti, vi era il palazzo municipale, la via degli ebrei e la piazza delle erbe».
CHIESA SANTA MARIA DELLE GRAZIE Cerreto di M.Giorgio
S.GIOVANNI BATTISTA
Edicola S.Giuseppe Zona Mazzaferro
CHIESA PARROCCHIALE SS.ZENONE E MICHELEARC.-ALTETA DI M.G.
Edicola Addolorata  Archetti
Edicola Campogrande ℅ Hotel S.Giovanni
Edicola Immacolata Archetti
Edicola Madonna del Pianto Bivio Cerreto
Edicola S.Antonio di Padova Casa Laici
Edicola S.Antonio Bivio S.Tiburzio
CHIESA PARROCCHIALES.GIOVANNI BATTISTA
Edicola S.Francesco Ingresso Paese
CHIESA PARROCCHIALES.MARIA. DEGLI ANGELI
L’Educazione della Vergine
2 Quadri preziosi
Madonna Immacolata
San Giovanni Battista
Madonna con il Bambino
San Michele Arcangelo e Santa Colomba
Sacro Cuore di Gesù
“Il dipinto firmato sul retro di Carlo Maratta18, documentato come appartenente all’artista da alcuni manoscritti settecenteschi, ricordato come opera del Maratta in una serie di documenti dell’Ottocento, viene restituito dagli storici dell’arte al corpus pittorico del maestro di Camerano. Alcuni studiosi avanzano delle perplessità sull’attribuzione dell’opera al nostro pittore marchigiano. Il quadro della Madonna col Bambino è pervenuto a Rapagnano nel 1755 per donazione di don Alessandro Fabrizi, Prebendato della Chiesa Metropolitana di Fermo, il quale desiderava erigere un altare nella collegiata di Rapagnano. Il Reverendo Fabrizi donava 100 scudi alla Compagnia della S. Vergine del Suffragio del Castello di Rapagnano perché provveddesse a far costruire un altare di forma e di fronte all’altro di S. Giuseppe che era stato eretto nella medesima chiesa dal signore Giuseppe Campanelli. Inoltre donava, unitamente ad altri 60 scudi per gli arredi sacri di Messa, consistenti in un calice d’argento con sua patena similmente d’argento, una pianeta con stola… anche il quadro di Madonna e Bambino Gesù con cornice dorata e cristallo e velo che si asseriva essere di Carlo Maratta”. La Compagnia doveva provvedere a proprie spese al mantenimento e al decoro di suddetto altare.
La destinazione finale del quadro non fu però l’altare di fronte a quello di S. Giuseppe, bensì l’altare della Madonna delle Grazie e dell’Angelo Custode, nella chiesa del Suffragio, di cui era titolare la Confraternita che ebbe la donazione primitiva. L’altare era collocato a destra dell’ingresso “e col quadro grande che rappresenta l’Angelo custode, nel mezzo di cui verso la parte superiore v’è riportato un quadricciolo con cornice dorata rappresentante la SS. ma Vergine in braccio”. Nel Museo Parrocchiale quest’opera si trova esposta a parte, proprio accanto alla tela del Maratta. Si tratta infatti dell’opera che era posta ad ornamento del quadro della Madonna col Bambino. Il foro rettangolare che si trova nella parte superiore rappresenta l’alloggiamento del quadro, così come riportato nella descrizione della donazione da parte di D. Alessandro Fabrizi. I due quadri furono tolti dalla cappella insieme con l’altro del Simonetti quando furono eseguiti i lavori per l’ampliamento della Collegiata. Un’altra notizia utile su quest’opera raffigurante l’Angelo Custode ce la fornisce il Michelangeli, nella lettera al Capitolo di Rapagnano, quando in apertura del discorso, dice: “Non posso non ammirare grandemente la generosa devozione di codesto insigne Capitolo, che al piccolo quadro del Maratta rappresentante la Madonna ss.ma col Suo Bambino ha di recente fatto un nobile ornamento”. Con ogni probabilità il “nobile ornamento” di cui parla il Michelangeli è il quadro dell’Angelo Custode, che faceva da degna cornice all’opera del Maratta. La lettera è datata 1851, quindi l’epoca di esecuzione del quadro può farsi risalire a poco tempo innanzi. Nella cripta della chiesa sono conservate due tele. Una di esse proviene dalla Chiesa di S.Maria; dell’altra tela, che rappresenta la Madonna col bambino e due Santi, si ignora la provenienza, ma verosimilmente potrebbe essere stata tolta da qualcuna delle Chiese rurali oggi in rovina. L’opera potrebbe farsi risalire alla mano di un ignoto pittore marchigiano del secolo XIX. La tela di S.Maria è così descritta dal dott. Emiliani: “La pala dell’altare rappresenta la Vergine seduta con il Bambino in grembo, che tende a Lei il braccio. A destra della Vergine un Santo Vescovo genuflesso con le mani giunte e la mitra deposta ai piedi. A sinistra della Vergine un Santo in abito francescano pure genuflesso. Il disegno è abbastanza corretto, ma il dipinto abbastanza rozzo”. Detto quadro fu riparato dal proposto don Vincenzo Vagnoni ed in tale occasione don Elia Malintoppi, allora cappellano in Rapagnano, trascrisse la seguente interessante iscrizione tracciata nel verso della tela.                        D.NUS BONIFACIUS NARDINI ASCOLANUS                        PINGEBAT RAPUGNANI DOMI                        FRANCISCI ANTONII GRIFONI PAROCHI                       ANNO DOMINI     1753 Si tratta, come spiegato dall'iscrizione, di un dipinto eseguito nel 1753 dal pittore ascolano Bonifacio Nardini a Rapagnano, in casa del parroco Francesco Antonio Grifoni. Il pittore Bonifacio Nardini è ricordato dal Fabiani in questo modo: "il 18 agosto 1739, quando fu allogata al Miniera la decorazione del Pubblico teatro, si lesse nel Consiglio una lettera, nella quale il pittore Bonifacio Nardini si esibiva di eseguire la medesima opera a prezzo sensibilmente inferiore. Ma non ne fu tenuto conto. Questo artista, non ricordato dagli storici municipali né da altri documenti di archivio, non mi risulta che fosse fratello, nipote o comunque parente don Tommaso...” che era pittore rinomato ad Ascoli Piceno.
Madonna con S.Paolo
Morte di S.Andrea Avellino
Opere Pittoriche
Madonna con Bambino
S.Rocco
OPERE PITTORICHE
S.Francesco d’Assisi e S.Giovanni Battista
Sculture
Nel Museo si possono ammirare le seguenti opere: - San Vincenzo Ferreri    olio su tela di ignoto artista marchigiano del secolo XVIII; - San Giovanni Battista   olio su tela di ignoto artista marchigiano del secolo XVII-XVIII; - San Giovanni Battista   olio su tela di Sandro Bartolacci, del 1981; - L’educazione della Vergine   olio su tela, cm 70 x 100, di ignoto artista marchigiano del secolo XVIII. - Morte di S. Andrea Avellino   olio su tela di ignoto artista marchigiano del secolo XVIII. - Sacro Cuore di Gesù   olio su tela di ignoto artista marchigiano del secolo XIX. - Serie di tre affreschi staccati, fissati a pannelli di impasto cementizio, provenienti dalla chiesa di S. Giovanni Battista, raffiguranti rispettivamente S. Francesco d’Assisi e S. Giovanni Battista. - S. Rocco, S. Giovanni Battista. Le opere sono state eseguite probabilmente da un ignoto artista marchigiano. Sugli intonaci si rilevano numerosi graffiti, due dei quali, che si trovano sul pannello con l’affresco di S. Giovanni Battista, risultano particolarmente interessanti. Nel graffito in basso si legge: “hoc opus fecit fieri franciscus rectoris hujus E-E” e, ancora più sotto, con caratteri abbastanza ben delineati si legge la data 1507. Conosciamo quindi il committente dell’opera, Francesco, Rettore della chiesa di S. Giovanni ed una data il 1507, che è anche la più antica tra quelle incise sui tre pannelli, la quale permette di stabilire che l’esecuzione degli affreschi è avvenuta non più tardi del 1507. - Angelo con il Bambino. Un quadro su tela di ignoto, con una caratteristica particolare proprio alla fine del ‘700: nella parte superiore si metteva un quadro intercambiabile, a seconda del Santo da venerare. - San Michele Arcangelo e Santa Colomba . Olio su tela. Autore: ignoto (Filippo Ricci?) Sec. XVIII. Cm. 153 x 240. Recentemente restaurato. - Dalla Chiesa Parrocchiale degli Archetti, costruita nel 1925, proviene una residenza risalente al secolo XIX. L’ornato ligneo e la cornice sono da attribuirsi alla mano di Vincenzo Salomoni, intagliatore montegiorgese, mentre la tela, raffigurante la Madonna con il Bambino è del secolo XVIII e va attribuita a Suor Maria Ricci. Il Museo accoglie tre opere di Carlo Ridolfi: - Madonna con Bambin , S.Giovannino, S.Antonio abate, S.Domenico, S.Tiburzio e altro Santo con la palma del martirio. - Madonna con S.Paolo , S.Giovanni e un Santo Vescovo, olio su tela. Cm.210x350 - Madonna del Rosario con Bambino, S.Chiara, S.Francesco, S.Domenico, S.Caterina. Olio su tela. Cm. 167x257. Del pittore fermano Filippo Ricci, si possono ammirare tre opere provenienti dalla Chiesa di S.Rosalia: - Madonna con Bambin , S.Antonio da Padova e S.Ignazio. Olio su tela. Cm 90x150. Della seconda metà del sec. XVIII. - Madonna Immacolata   con S.Pietro e S.Giovanni Evangelista. Olio su tela. Cm 90x150. - S.Rosalia  . Olio su tela. Cm. 50x60.
Madonna del Rosario con Bambino
Angelo con il Bambino
San Vincenzo Ferreri
Con Marisa Calisti esprimiamo la nostra convinta meraviglia: “non nascondo di aver provato emozione quando nel piccolo museo di Rapagnano ho ammirato la grande pala d’altare raffigurante la Madonna col bambino, S. Giovannino e altri santi di Carlo Ridolfi veneziano. Mi sono chiesta attraverso quali vie e come fosse giunto nelle nostre chiese di campagna questo pittore veneto, peraltro famoso ai posteri come scrittore di biografie di artisti. Ho ripensato ai veneziani in particolare a Lorenzo Lotto e ai suoi inquieti soggiorni marchigiani, ma non sono riuscita ad annodare per Ridolfi i fili di una storia che ha le sue radici nel secolo XVI”. Sulle opere dei Ridolfi si possono aggiungere alcune considerazioni, aiutati dai documenti d’archivio e da un esame della situazione oggettiva della chiesa Collegiata. Abbiamo già riferito della nota riportata nell’inventario del 1728, in cui si parla dell’altare di S. Giovanni Battista. “…ab immemorabili fu eretto questo altare dalla Comunità, e nell’anno 1633 fu ornato di cappella di marmo nero e fu rifatto nuovo quadro”. Nel trittico del Ridolfi vi è una pala d’altare raffigurante S. Giovanni Battista Bambino, S. Pietro Martire, s. Tiburzio, che si attaglia esattamente alla cornice in stucco del medesimo altare, come pure combacia con il profilo della cornice relativa all’altare del Crocifisso, ma che allora era intitolato al SS.mo Rosario, l’altra pala raffigurante la Madonna del Rosario col Bambino, S. Caterina, S. Domenico, S. Chiara e S. Francesco. Questa tela ancora oggi reca, nella parte superiore, una rientranza del profilo che ripete il disegno della cornice di stucco che chiude l’ornato dell’altare. La coincidenza dei soggetti delle tele con i titoli degli altari, la corrispondenza delle forme ai profili delle cornici permettono la datazione delle opere, così come scritto nel citato inventario del 1728, il quale riferisce che nell’altare di S. Giovanni Battista “nell’anno 1633… fu rifatto nuovo quadro”. Insieme con il quadro con S. Giovanni Battista bambino il Ridolfi verosimilmente dipinse nel medesimo periodo anche il quadro per l’altare del Rosario e la pala per l’abside che oggi, restaurata di recente dalla Sovrintendenza delle Marche, fanno bella mostra di sé nel Museo Parrocchiale.
S.Rosalia
S.Giovanni Battista
QUADRO AD OLIO DEL S.BRACCIO CON DUE STAMPE
DUE QUADRI PREZIOSI
Il quadro ha subito da poco un radicale restauro, essendo scomparsa per incuria una metà di esso, e quindi la parte mancante è stata aggiunta di nuovo. Di questa stampa esiste un’altra versione che si differenzia principalmente nel cartiglio non più orizzontale, ma ricurvo verso l’alto, con il contorno molto semplificato.     
I due disegni realizzati su un unico foglio di cm 33,5 x 22,5 raffigurano due immagini dell’antico reliquiario (1570), con la mano del Santo in posizione aperta e chiusa. La diversa posizione della mano nella tradizione rapagnanese è confermata dal “Processo Borgia”, come segno di prosperità quando è aperta e di sventura quando essa appare chiusa. Don Federico Fagotti nel suo “Discorso sulla mano destra di S.Giovanni Battista”, Fermo 1858, p.58, afferma che i due disegni sono stati eseguiti nel 1735, a cura del Comune di Rapagnano, dal pittore fermano Filippo Illuminato Ricci, figlio di Giovanni Natale, discepolo del Maratta, per essere così utilizzati: – Allegati agli atti relativi al prodigio della restrizione delle dita della mano destra di S.Giovanni Battista del 19 marzo e l’8 aprile 1735, che Giuseppe Niccola Panurghi il 20 maggio 1735 ha consegnato a mons. Borgia arciv. di Fermo. – Allegati al volume di P.Odoardo Franceschini pubblicato a Roma nel 1738. – Distribuiti alla popolazione. Il quadro del Museo Parrocchiale con i due reliquiari è una trasposizione su tela dei suddetti disegni, opera di un autore ignoto o dello stesso Filippo Ricci.
Olio su tela di Carlo Maratta(1625 Camerano – 1713 Roma)  cm. 25 x 34 EndFragment
MADONNA CON BAMBINO - MARATTA
Croce Stazionale con Crocifisso
N.4 Candelieri funebri in legno indorato e verniciato
Nel museo parrocchiale sono conservate campane, reliquiari, oggetti dedicati al culto. Tra questi segnaliamo:
SCULTURE ED OPERE VARIE
Reliquiario in legno intagliato ed indorato
N.6 Candelieri in legno inargentato
Statua di S.Michele Arcangelo
Forziere per le Reliquie
N.2 Fanali da Processione
Statua di S.Dorotea
– Croce stazionale con Crocifisso    in avorio di autore ignoto del Sec. XVI di cm. 20 x 28 (Forse di provenienza Panurghi. Rutili Giuseppe) – Reliquiario in legno intagliato ed indorato       proveniente dalla chiesa di S. Michele Arcangelo di Cerreto.  L’opera, di ambito marchigiano, risale al secolo XVII. – Statua di S. Michele Arcangelo.        proveniente dalla chiesa di S. Michele Arcangelo di Cerreto. Si tratta di una scultura in legno indorato ed inargentato del secolo XVIII, dovuta ad un ignoto artista marchigiano. - Statua di S.Dorotea    proveniente dalla Chiesa di S.Michele Arcangelo di Cerreto, in legno dorato del sec. XVIII, di artista ignoto marchigiano. A Sante Morelli di Montegiorgio, sono attribuite le seguenti opere: n. 4 candelieri funebri in legno indorato e verniciato.       di squisita fattezza, privi di braccetti decorativi, secolo XIX, h. cm 173. n. 6 candelieri in legno inargentato.       di buona fattura, secolo XIX, h. cm 171. n. 2 fanali da processione      in legno inargentato con asta, secolo XIX, h. cm 218. Il museo possiede un’opera degna di menzione particolare. Si tratta del “Forziere per le Reliquie” proveniente dalla Chiesa di S. Giovanni Battista. Di esso abbiamo queste note: “in questo altare v’è l’armario delle Reliquie collocato in alto dietro al quadro dentro una nicchia, le di cui chiavi ritengonsi una dal Custode eletto, altra da un sacerdote parimenti destinato dalla medesima, e l’altra dall’istessa Communità”. Si tratta di una cassa di legno rivestita di lamiera metallica. Ha due battenti anteriori, il cui interno, indorato, porta alcuni motivi dipinti e le iscrizioni IESUS – MARIA. Tra questi due sportelli e l’interno, pitturato, sono posti quattro telai con vetro, anch’essi indorati. L’opera è firmata e datata: FRATER - GUIELMO - MILNER - AGOST.NO  -  TODESCO DA-VIENNA - PINXIT-1633 Oggi il forziere contiene altri reliquiari, provenienti dalle chiese di S. Tiburzio e S. Michele Arcangelo di Cerreto, oltre ad alcuni calici anch’essi provenienti da chiese non più officiate.
ORARIO DELLE SS.MESSE                  
FERIALI: CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 7,00 - 19,00 PREFESTIVE: CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 17,30 CHIESA S.MARIA DEGLI ANGELI: ORE 18,30 FESTIVE: CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 7,30 - 11,00 CHIESA S.MARIA DEGLI ANGELI: ORE 10,00 CHIESA - CERRETO DI M.GIORGIO: ORE 9,30 CHIESA - ALTETA DI M.GIORGIO: ORE 9,45
ESTIVO
FERIALI: CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 7,10 - 18,00 PREFESTIVE: CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 18,00 CHIESA S.MARIA DEGLI ANGELI: ORE 19,00 FESTIVE: CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 7,30 - 11,00 CHIESA S.MARIA DEGLI ANGELI: ORE 10,00 CHIESA - CERRETO DI M.GIORGIO: ORE 9,30 CHIESA - ALTETA DI M.GIORGIO: ORE 9,45
INVERNALE
MESE DI NOVEMBRE
FERIALI: CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 7,10 - 17,30 PREFESTIVE: CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 17,30 CHIESA S.MARIA DEGLI ANGELI: ORE 18,30 FESTIVE: CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 7,30 - 11,00 CHIESA S.MARIA DEGLI ANGELI: ORE 10,00 CHIESA - CERRETO DI M.GIORGIO: ORE 9,30 CHIESA - ALTETA DI M.GIORGIO: ORE 9,45
Opere pittoriche
“A Rapagnà"
LINK ESTERNI
LA RELIQUIA
Nuovo Reliquiario
LA PARROCCHIA
Il Parroco, Don Luigi Malloni, ringrazia di cuore il Dott. Orlando Ciaffoni che con disponibilità e perizia ha curato la realizzazione tecnica del Sito, nonchè il Prof. Anselmo Ciaffardoni per la preziosa collaborazione.
MUSEO  PARROCCHIALE
Autenticità S.Braccio
IL COMITATO
MAPPA DEL SITO
Le Chiese
Organizzazione istituzionale
La Vita
IL PRESEPE
Quadro S.Braccio
IL PAESE
CELEBRAZIONI
DIOCESI DI FERMO
PREGHIERE E CANTI
CAPPELLA SISTINA
NOTRE DAME INTERNO
COMUNE DI RAPAGNANO
S.PAOLO
LINK ESTERNI
S.PIETRO
NOTRE DAME ESTERNO
VATICANO
HOME
Tutta la popolazione di Rapagnano e dei paesi circostanti sa che ogni anno un gruppo di appassionati, (Damiano Levantesi, Follenti Enrico, Elesio Cinti, Paolo Mira, Massimo Piergentili, Rossano Micucci, Mauro Tomassini, Sandro Bartolacci, Mazzaferro Fabrizio, Don Luigi Malloni,…) allestisce nella chiesa di S.Antonio, un grande presepio di notevole interesse e di grande richiamo.
********************************************** Il Presepe può essere visitato da Domenica 19 Dicembre (IV Domenica di Avvento), per tutto il periodo natalizio fino all’Epifania per tutta la giornata. Dall’Epifania fino alla fine di gennaio resta aperto solo la Domenica. Nei giorni feriali solo su richiesta. E’ situato presso la Chiesa di S.Antonio abate, in piazza Siccone - RAPAGNANO Contatti telefonici: Follenti Enrico: 0734 562010 Cell. 3355284850  -  Damiano Levantesi: 360 599131 -  Elesio Cinti: 333 1916521 - Paolo Mira: 334 3249685 Rossano Micucci: 339 8319130. -  Massimo Piergentili: 339 4784784 -  Il Parroco: 0734 56324 Cell. 3392121064
Il presepe, realizzato in base ad una scenografia ideata dall'artista Sandro Bartolacci (di fama internazionale), occupa una superficie di circa 70 mq. ed offre al visitatore un paesaggio di grande suggestione, che muta aspetto di momento in momento, secondo i vari cicli. In un territorio di vaste dimensioni, dominato in primo piano dalla grande capanna della Natività del Redentore e sulla sinistra da un castello merlato, (certamente per i bambini la dimora del crudele re Erode!) si alternano colline e montagne aspre e rocciose, da cui precipitano fiumi scroscianti che si distendono poi nella vasta pianura sottostante, formando laghi e piccoli torrenti rumorosi. E' difficile elencare e spiegare tutti i congegni per creare i movimenti dei personaggi e gli effetti di luce o riprodurre in modo verosimile i fenomeni della natura. Tuttavia è bene ed interessante chiarire che molti congegni usati nel presepio vengono realizzati direttamente dagli operatori, tenendo conto delle loro conoscenze scientifiche e tecniche, cui si aggiungono la fantasia, l'intuito e la manualità, tutte doti che non si apprendono dai libri di testo. Per chiarire meglio tutto ciò, sarà sufficiente elencare tutti i collaboratori di Don Luigi, i quali, pur prodigandosi in qualsiasi tipo di lavoro quando occorra, si impegnano in modo particolare nelle attività di loro competenza. Levantesi Damiano, essendo elettrotecnico, è indispensabile per quanto concerne l'impianto di illuminazione. Mauro Tomassini, esperto in elettronica, viene chiamato in causa per risolvere i problemi più difficili in questo settore. Bartolacci Sandro, l'artista, è l' ideatore della scenografia generale e dei magnifici bozzetti, la cui realizzazione è poi affidata ai “valenti manovali”, quali i Enrico Follenti, Paolo Mira, Cinti Elesio, Massimo Piergentili, Micucci Rossano e Mazzaferro Fabrizio, i quali per altro sono abilissimi nel trattare il legno, erigere ed intonacare muri, forgiare e modellare il ferro, realizzare congegni meccanici.
IL PRESEPE DI RAPAGNANO
Pace e la serenità: questo è il messaggio che il Presepe di Rapagnano ogni anno vuol affidare ai numerosi visitatori, che l’affollano da Natale all’Epifania. In particolare il messaggio è rivolto ai bambini, che sostano davanti per ore “…facendo oh! oh!” come ci suggerisce una canzone di qualche tempo fa.
Presidenti onorari:                Belletti P.I. Gianni - Sindaco         Malloni D. Luigi – Parroco Presidente:                                 Peroni Giuseppe  Vice Presidenti:                     Conti Daniele                                                        Toscanelli Sergio                                                       Croceri Sauro  Segretario:                                     Ciaffardoni Prof. Anselmo  Cassiere:                                          Scopetta Quinto  Rappr. del Comune:              Sanchini Eugeni Prof.ssa Iolanda.                                                         Laici Marcello                                             Lelli Marco  Rappr. Pro Loco:                       Minnoni Giuseppe                                                             Gobbi Giannetto  Consiglieri:                                   Biancucci Marcello Carassai GiulianoMarcotulli Mariano Mattei Geom. Dario Orsili GiulianoRossi Norberto Silveri VitalianoTeodori Amelio Collaboratori:                              Aliberti Graziano    Antinori Rossana  Bardassarri Dr. Giordano Bartofini Gatti Morena     Bartolacci Prof Sandro     Basilisco Luigi        Basilisco Russo Maria       Biondi Saveria        Chiavoni Benignetti Luciana       Chiavoni Emilio     Cinti Umberto        Cuccù Giuseppe     Emiliozzi Benignetti Pia    Ercoli Giuliano       Franchi Primo        Giammaria Simoni Augusta        Lelli Andreani Nella          Lelli Sonia   Levatesi Damiano   Macchini Claudio  Marcotulli Teodori LiaMazzaferro Soricetti DeliaMicucci DeAngefis MarisaOrsili GiovanniPallotti GiacomoPistolesi TeodoriAldinaRapazzetti FabrizioRibichini FabrizioRossi Bonifazi PasqualinaRossi RossanoSanchini Dr. PieroSantamaria SilvioSantoni GabrieleSantoni PrimoSantoni Vallasciani MarisaTeodori GiuseppeTeodori Marcotulli  MariaTeodori Maria.Teodori Micucci RosettaTerribili Susino NellaTomassini P.I. MauroEndFragment
PAPA GIOVANNI XVII CELEBRAZIONI DEL MILLENARIO IL COMITATO
Chiese video
Email: info@sandrobartolacci.it
Quando pari grossu Rapagnà se unu te guarda da Solagna, ma invero, sci più ciucu d'un tafà. E da vora, pari proprio 'na migragna. Da la Torre, non sci vruttu; de jò Tenna, sci un portendu; da Majà, ‘ntè vedi tuttu; da Monzambietro fai paendu. De sta veduta, pari mungu, Per via che ‘nte ‘sse vede li lampioni, che de notte, te fa lungu, ma de jornu ‘nce cojioni. Da la Croce, ciai crianza, se ‘ppò ‘rsui su ‘ppe lu monde, co’ li stradù, de lontananza, te fa più lungu che defronde.
                         : di Sandro Bartolacci
E 'ppò, ciai un nome, devo ditte, che fa vrutto anghe a chiamatte, e su lu stemma, pe’ ’ntraditte, tra cometa, pinu e montagnette, proprio ‘na rapa ce sci jitu a mette! Chidù ancora ce 'sse 'ccasa; sarà perché ciai l’aria fina; ma pe stroatte, è natra cosa, ‘ndé segna mango la cartina. Sci un paese de contadì; e sci sbillungu, mango tunnu; ma per me, che t’agghio dì, sci lu più bellu de stu munnu!                    Sandro Bartolacci
Sito:   www. sandrobartolacci.it
A RAPAGNA'
A Rapagnano, dal 1999, è stato costituito dal parroco don Luigi Malloni,  rapagnanese, il Museo Parrocchiale, dove sono raccolte pitture, sculture ed altri oggetti d’arte provenienti dalle chiese di Rapagnano e dalla parrocchia di S. Michele Arcangelo di Cerreto, per la prima volta illustrate dalla D.ssa Marisa Calisti, pittrice, nel libro "Percorsi di Arte Sacra a Rapagnano". Per la realizzazione del Museo è' stata preziosa e determinante la collaborazione del pittore-scultore, di fama internazionale, prof. Sandro Bartolacci, per quanto riguarda l'aspetto artistico, nonchè dell'ing. Lucio Biondi per quanto riguarda l'aspetto strutturale, e dei membri della Confraternita di S.Giovanni Battista (soprattutto del Priore Orsili Giovanni) per quanto riguarda l'esecuzione dei lavori. Il Museo è visitabile rivolgendosi al Parroco.
MUSEO PARROCCHIALE
Eretta nel 1789, in contrada S.Maria, è ora ridotta a rudere. Costruzione rustica senza volta di 8,12 metri di lunghezza e 4,85 di larghezza. Vi era una pala d’altare, ora nel Museo Parrocchiale, che rappresenta la Vergine con il Bambino in grembo, con a destra un santo Vescovo e a sinistra un santo francescano, dipinta dal pittore ascolano Bonifacio Nardini nel 1739. Nel Museo Parrocchiale vi è anche una campana di detta Chiesa. Sopra la porta di ingresso esisteva una epigrafe, conservata nell’abitazione di Giuseppe Rutili, incisa su cotto.
CHIESA DI SANTA MARIA
Dalla relazione della sacra visita del secolo passato si ricavano le seguenti notizie: [if !supportLists]·       [endif]La chiesa rurale di Santa Maria del Carmelo e San Filippo Neri fu eretta da Corinto Grifoni di Rapagnano con decreto dell’arcivescovo di Fermo Mons. Andrea Minnucci, rilasciato in data 21 novembre 1787. Ha avuto sempre un solo altare, dedicato alla Beatissima Vergine del Carmelo e San Filippo Neri. [if !supportLists]·       [endif]Su detta chiesa non è stato mai istituito alcun diritto di patronato. Il mantenimento spetta alla famiglia Grifoni, la quale ha assunto l’obbligo di far celebrare due messe il giorno 16 luglio di ogni anno, come da decreto dell’arc. Minnucci. [if !supportLists]·       [endif]Sull’altare è installato un tabernacolo di legno colorito e dorato al di fuori e rivestito di seta bianca all’interno. [if !supportLists]·       [endif]La chiesa ha un campanile a vela sopra la sacrestia con due piccole campane. [if !supportLists]·       [endif]La sacrestia è un monolocale a forma quadrilunga con accesso dall’esterno e doppio passaggio per la chiesa La chiesa ha quattro nicchie laterali contenenti altrettanti statue di santi e due tele raffiguranti S. Emidio (attribuito al Ricci) e S. Antonio; oltre piccoli quadri reliquiari finemente ornati e ceralaccati da amanuensi dell’epoca. Nella famiglia Grifoni si registrano diverse persone legate ad istituzioni ecclesiastiche. La chiesa di Santa Rosalia, dentro Rapagnano, nei secoli XVIII e XIX fu di giuspatronato della famiglia Grifoni. Nel 1836 la cappellania di S. Rosalia era goduta dal chierico Angelo Grifoni (figlio di Corinto Grifoni). Altro membro era canonico presso la Collegiata di Rapagnano. Tra la chiesa di S. Rosalia e quella di S.Maria del Carmelo si nota un rapporto di continuità per la devozione a San Filippo Neri, espressa da Giovanni Rettini (bisnonno materno di Corinto Grifoni) fondatore della cappellania di S. Rosalia, il quale volle che nel timpano dell’altare maggiore fosse raffigurato S.Filippo Neri e da Corinto Grifoni che intitolò la cappellania da lui fondata anche a S..Filippo Neri.  Informazioni tratte da:  [if !supportLists]·       [endif]ASAF – FONDO INVENTARI DEL 1700 – RAPAGNANO Chiesa e Cappellania di Santa Rosolia di giuspatronato della famiglia Grifoni[if !supportLists]·       [endif]ASAF –Archivio Storico arcivescovile Fermo- Sacra Visita del Cardinal Malagola Rapagnano 15-2-1879EndFragment
CHIESA DI SANTA MARIA DEL CARMELO E S.FILIPPO NERI
VISITA ALLE SETTE CHIESE
UN RARO OPUSCOLETTONella Metà del ‘700  è stato divulgato un opuscoletto: MODO DI VISITARE LE SETTE CHIESE DI RAPAGNANO Cm. 10x14,5, 19 pagine, stampato a Fermo da Bolis. Le Chiese sono:  * Parrocchiale di S.Maria; * Chiesa del Suffragio; * Chiesa di S.Antonio in piazza; * Chiesa di S.Rosalia; * Chiesa di S.Giovanni fuori del luogo; * Chiesa di S.Maria Staturano; * Chiesa di S.Paolo
Fig. A - Pianta della Chiesa Parrocchiale prima della ricostruzione    1 - Chiesa di S.Maria e S.Severino e dei SS.Giovanni e Paolo    2 - Chiesa del Suffragio    3 - Sacrestia della Parrocchia S.Maria e S.Severino    4 - Sacrestia della Parrocchia dei SS.Giovanni e Paolo    5 - Casa di Domenico Merli    6 - 7 - Case del Marchese Passeri di Montegiorgio    8 - Ponte che univa le due case del Marchese Passeri, con sopra una stanzetta    9 - Nell’inventario del 1728 si legge: “…la Chiesa ha annesse al campanile, sovra di un ponte, due piccole stanze, una sovra l’altra, le quali ha la soggezione che vi passi il moderatore dell’orologio della comunità”    10 - Porta laterale murata dopo il livellamento della strada. Fig. B - Pianta della Chiesa Parrocchiale dopo la ricostruzione*    11 - Locale sopra l’ex Chiesa del Suffragio, adibito a sagrestia    12 - Coro    13 - Sala di ritrovo dei giovani e Confraternite    14 - Ingresso secondario della Chiesa. Utilizzato in un primo momento come “Sito delle Reliquie” * Progetto dell’architetto Carlo Maggi di Montedinove.
CHIESA PARROCCHIALE S.GIOVANNI BATTISTA Ristrutturazione del 1821
PAPA GIOVANNI XVII CELEBRAZIONI DEL MILLENARIO: I VIDEO