Rapagnano ha il privilegio di possedere, gelosamente conservata in un preziosissimo ed artistico reliquiario, la mano destra del S. Precursore Giovanni Battista.
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Nuovi reliquiari (uno per S. Gio. Battista ed uno per S. Tommaso e S. Lucia).
“Nel 1570, il Pubblico di Rapagnano per dar culto separato alle soprannominate Reliquie provvide due Tubi di Cristallo, che fece ornare da un tal Vincenzo Tabor Orefice di Fermo con piede, e corona d’argento. In uno dei medesimi fu collocato il Braccio di S. Tommaso e la mano di Santa Lucia, nell’altro quello del Precursore S. Giovanni. Una tal gelosa operazione fu eseguita sopra l’Altare medesimo dedicato a S. Giovanni. Il Magistrato fu presente, ma non così d’appresso che potesse tutto minutamente osservare, né fu abastanza cautelato nello sceglier persona, su di cui non dovesse cadere alcun sospetto. Fu questi un certo D. Bartolomeo di Monsampietro degli Agli, ora detto degli Angioli, Cappellano di quella Comunità, uomo da molti tenuto per tristo e fattucchiero. Se ne querelò di fatti il Sig. D. Giovanni Ventura con due con altri Sacerdoti, ma il Magistrato non diede loro verun ascolto, e compita la funzione furono riposti i due Tabernacoli nell’Armario e ne fu consegnata la chiave al Capo dei Residenti. Fratanto nessuno si avvide che il Cappellano D. Bartolomeo aveva tolto le autentiche, e la carta pecora con alcuni pezzetti delle Reliquie. Il solo Orefice, che era assistente al di lui fianco l’osservò, ma tacque per non far nascere tumulto. A questo furto egli non molto sopravvisse, giacché tornato nella sua Patria non molto dopo passò all’altra vita...”
L’evangelista S. Luca aveva trovato a Sebaste, custodito gelosamente, il corpo di S. Giovanni Battista e voleva recarlo con sé in Antiochia. Non potendo portarlo integralmente, recò con sé il braccio destro, del quale gli Antiocheni si dimostrarono subito devotissimi per i numerosi prodigi e grazie ricevute.
Quando S. Luca, nella sua apostolica peregrinazione, si trasferì in Bitinia, un certo diacono, chiamato Giobbe, prese in custodia il corpo del santo Precursore e lo trasportò a Costantinopoli, ove fu custodito e venerato fino a che i Mussulmani, nel riaccendere la lotta contro le sacre immagini, costrinsero i cristiani a fuggire ed a recare con sé quanto di sacro era loro possibile, compresi libri, oggetti vari e sacre reliquie
Il Santo Braccio di S. Giovanni è portato a Roma
Ottobre 1573 - Visita di mons. Maramonti e decreti di sospensione e di revoca del culto alle sacre reliquie
“Una tal sottrazione venne scoperta colla venuta in Rapagnano del Visitatore Apostolico Monsig. Maramonti Vescovo Uticense. Vi giunse nel mese di Ottobre dell’anno 1573. Visitò l’armadio delle Reliquie, ed allora fu che, con sorpresa ed ammirazione di tuti, non vi furono rinvenute né la carta pecora né le autentiche dei più volte lodati Santi Gio. Battista, Tommaso d’Aquino e Lucia. Quindi ne nacque il decreto che porta la data dei 21 ottobre dell’anno stesso 1573. […..]
Da questo decreto venne sospesa ogni venerazione e culto a queste Reliquie, il che non piccolo dispiacere cagionò a tutto il Popolo. Iddio però, che aveva sempre glorificato il Braccio del diletto Precursore, non soffrendo la sospensione del culto ad esso prestato dai Rapagnanesi, incominciò ad affligger la Marca tutta con folgori, turbini, e grandini, e soprattutto Fermo, e Rapagnano. Si accorse in allora il Vescovo, che il dubitare dell’autenticità di quelle Sante insigni Reliquie era lo stesso che provocar lo sdegno Divino, risolvette perciò di recarsi nuovamente in Rapagnano e di farle subito esporre alla pubblica venerazione, rivocando così il Decreto dei 21 ottobre”.
E’ a questo punto che un religioso Agostiniano, P. Francesco Benigni, uomo di grande pietà e dottrina, fuggendo in occidente con i soldati francesi, portò con sé a Roma la reliquia della mano destra di S. Giovanni Battista. A Roma, l’Ordine Agostiniano lo elesse Superiore Generale, carica che gli fu riconfermata a Bologna il 22 maggio 1306. Agli inizi del 1300 il P. Benigni, marchigiano di Monterubbiano, desiderando trasferirsi nella sua Patria (in quel tempo, la divisione politica dell'Italia era diversa dall’attuale) portò con sé, sia la reliquia di S. Giovanni Battista, che le altre due, cioè: il braccio sinistro di S. Tommaso d’Aquino e la mano sinistra di S. Lucia.
La Sacra Reliquia di S. Giovanni Battista è portata a Rapagnano.
Fatti straordinari e dono al popolo rapagnanese del santo Braccio.
Dai documenti dell’epoca, come ci sono giunti dal “Discorso” di don Federico Fagotti, parroco di S. Matteo di Fermo e sunteggiati dal Curato Giovanni Compagnoni, in un esposto dedicato alla Ven. Confraternita di S. Giovanni Battista, del 24 febbraio 1854, leggiamo:
“Il sudetto P. Benigni da Roma si recava alla sua Patria per arricchirla di questo Sacro Tesoro. Strada facendo più, io credo, per impulso Divino, che per propria deliberazione risolvette di passare in Rapagnano. Quivi giunto fu sul fatto assalito da violentissima febbre. Il male andò talmente ad aggravarsi, che fu dovuto munire del Santissimo Viatico. Giunto il Parroco nella Camera dove egli era malato collocò la Sacra Pisside sopra una Cassettina, che posava in un Tavolino coperto di Tovaglia. La Sacra Pisside non appena ivi posata, che elevossi in aria con ammirazione e stupore di quanti eran presenti. Fu interrogato il detto padre, che cosa volesse ciò significare, rispose, che la Sacra Pisside era posta sopra una cassetta che conteneva il Braccio destro di S. Giovanni Battista, il Braccio sinistro di S. Tommaso d’Aquino, e la mano sinistra di S. Lucia, e che a ciò si doveva riferire il gran portento.
Divulgato il gran prodigio, il Pubblico avido di possedere Reliquie tanto pregiate fece istanze le più pressanti presso il Religioso Benigni, perché si fosse degnato di lasciarle in Rapagnano. Fu esso però invincibile, giacché aveva fatto fermo proposito di farne dono alla sua patria.
Intanto egli si risanò, e già si allestiva alla partenza. Ma che può l’uomo contro i Decreti del cielo? Esso nuovamente cadde infermo in maniera che la sua vita era già nell’estremo pericolo di morte. Conobbe egli allora la volontà di Dio, che era quella appunto, che lasciasse le Reliquie in Rapagnano, e dimettesse il pensiero di trasportarle nella sua Patria. Risolvette adunque di donarle a quel Pubblico, con il quale ne fece pubblico Istrumento, quale più non esiste, credendolo io perduto coll’incendio degli Archivj in tempo di Guerre Civili. Il piacere, la gioia, il concorso dè Rapagnanesi fu innumerevole, e la di loro divozione, e culto furono compensati con molti favori, grazie, e miracoli operati a di loro vantaggio da queste Sacre Reliquie.
Le medesime furono venerate per più di due secoli nella stessa Cassetta, che si ebbe dal P. Benigni. Erano esse munite delle loro rispettive autentiche, e di una carta pecora descrivente in lingua francese il luogo d’onde erano venute, e le altre circostanze, che riguardavano le medesime...”
Il corpo di S. Giovanni Battista tra i cristiani d’Oriente
Il processo Borgia doveva portare al riconoscimento del santo Braccio di Gio. Battista attraverso quei fatti prodigiosi, che lo avevano distinto e reso famoso sia in Antiochia che a Rapagnano.
L’affermazione dei prodigi buoni o nefasti, si manifestava nel restringimento o apertura di tre dita, cioè l’indice, il medio e l’anulare. Tralasciando gli avvenimenti un tempo registrati in Antiochia ed in altre località della Chiesa orientale; nel 1528 così predisse l’orribile peste di cui fu afflitto il Piceno e segnatamente Fermo, essendone però preservato Rapagnano.
Predisse il catastrofico terremoto del 1703, che colpì l’Italia Centrale e specialmente la città de l’Aquila con oltre 6.000 morti.
Allo stesso modo fu predetta la guerra civile di Fermo, in cui restò ucciso mons. Visconti Vice-Governatore di Fermo, durante la quale per la prima e unica volta gli archivi rapagnanesi sono stati incendiati e distrutti. Nel 1774 predisse la penuria dei generi alimentari.
Secondo Processo Borgia (1736) sul “Miracolo operato dal Pane benedetto col Santo Braccio di S. Gio. Battista”
Nel 1736, tra la fine di ottobre e la prima metà di novembre, una mortalità epidemica, come la recente della “mucca pazza”, fece strage di bovini in Lombardia, Romagna, Regno di Napoli e nel Piceno. Anche a Rapagnano, specie nella contrada S. Tiburzio, avvennero casi uguali. “…Esposta la S. reliquia nella chiesa parrocchiale, e fatte pubbliche preci per l’allontanamento del morbo, mentre veniva riposta… un tal Biagio Astolfi chiese che da un sacerdote colla S. reliquia fossero benedetti alcuni pani i quali mangiati da buoi infermi, tosto guarirono. Ottennero grazia di guarigione per le loro bestie quanti ricorsero al rimedio del pane benedetto … Com’ebbe conosciuto tali grazie monsignore Angelo Locatelli di Cesena governatore di Fermo ordinò al magistrato e vicario di Rapagnano che per tre giorni continui a cura del pubblico si esponesse in venerazione la S. Reliquia, e con essa si benedicesse molto grano da panizzarsi a spese della comunità per quindi dispensarsi a’ poveri coloni, i quali fossero concorsi alla solenne processione che si fece nel novembre 1736. Quattro - cinquemila forestieri convennero a Rapagnano … tantochè la chiesa maggiore del paese non essendo capace di contenere il numerosissimo popolo dovette darsi la benedizione nella pubblica piazza: e da quel tempo cessò interamente l’epidemia”.
Il 7 dicembre 1736, Mons. Borgia scrive al vicario foraneo di Rapagnano, Giuseppe Campanelli, autorizzandolo ad istruire un processo sull’accaduto, pregandolo di trasmettere copia per conservarlo con altri documenti di detto Santo.
Processo Pinnelli sull’autenticità del S. Braccio (1582)
Morto l’Arcivescovo di Fermo, fu mandato a reggere l’arcidiocesi fermana mons. Domenico Pinnelli. I Rapagnanesi, “a scanso di dubbi”, chiesero al nuovo Pastore che si istruisse un formale processo sull’autenticità del santo Braccio di S. Giovanni Battista (gli originali di tutti i processi sono conservati nell’Archivio Parrocchiale). A tal proposito fu delegato il sig. Vincenzo Claretti, Procuratore del popolo di Rapagnano, perché ne facesse ufficiale richiesta all’arcivescovo tramite il suo vicario generale.
Il presule fermano Pinnelli accolse l’istanza e si degnò di stendere il seguente decreto:
“Nos igitur communicato negocio in Congragatione nostra Generali, ac matura desuper habita consideratione, praedictas Reliquias, ut proprias, praedictorum Sanctorum venerandas esse, et venerari in futurum deberi auctoritate tum nostra ordinaria qua fungimur, tum Apostolica nobis delegata ad D.O.M. honorem, eorundemque Sanctorum, ac totius Curiae Coelestis gloriam, mandamus, praecipimus, ac jubemus ab omnibus, et quibuscumque Christifidelibus utriusque sexus, et praecipue a populo illo Ripejanensi, hujusmodi sacris, ac venerandis Sanctorum Reliquiis decorato, et ut praemissa majori cum pietate, et Religionis ardore exequerentur, ad Terram praedictam Ripejanensem accessimus, et in die S. Antonii, quae fuit decima septima Mensis Januarii praesentis Anni post Missam Magnam cum Populi frequentia, processionaliter propriis manibus portavimus. Quocirca RR. DD. Colloctio Novello, et Francisco Blondo de d. Castro Ripejanensi Rectoribus, et Deputatis ad Curam Alatris praedictarum Reliquiarum per praesentes committimus et mandamus, quatenus praedictas Reliquias in diebus festivitatum illorum Sanctorum Populo ostendant, ac eas maxima cum devitione habeant, et ut tales ab omnibus Christifidelibus utriusque sexus venerari mandamus, contrariis quibuscumque non obstantibus. In quorum omnium, et singulorum praemissorum fidem, et testimonium veritatis praesents litteras, seu privilegium manu nostra subscriptum, exinde fieri, et subscribi per infrascriptum Nostrum Notarium, et Cancellarium, et Sigilli Nostri Majoris, quo in similibus utimur appensione muniri, et roborari fecimus.
Datum Firmi in Palatio Nostro Episcopali sub anno D. N. Jesu Christi millesimo quingentesimo octuagesimo tertio inditione undecima, Pontificatu Ssmi D. N. Gregorii Papae XIII, anno Pontificatus ejusdem undecimo, die vero quinta Mensis februarii praesentis anni. Ita mandamus, et committimus Dominicus Pinnellus”.
Processo Borgia (1735) “Sull’aprimento e stringimento della S. Mano di S. Gio. Battista”
Da questo decreto chiaramente si conosce che non si deve più mettere in dubbio essere il vero Braccio del Precursore S. Gio. Battista quello, che si venera in Rapagnano. Questa prova viene anche fiancheggiata dai prodigiosi replicati portenti operati dal medesimo Santo Braccio. Si disse fin da principio che in Antiochia questa preziosa reliquia nel giorno dell’Esaltazione di S. Croce coll’estensione e coll’attrazione delle dita prediceva abbondanza o scarsezza di ogni sorte di generi. Lo stesso prodigio si è più volte rinnovellato in Rapagnano, e nel 1755 ne fu formato processo, onde il fatto non fosse potuto rivocare in dubbio.
Il quadro ha subito da poco un radicale restauro, essendo scomparsa per incuria una metà di esso e quindi la parte mancante è stata aggiunta di nuovo.
Di questa stampa esiste un’altra versione, della stessa epoca, che si differenzia principalmente nel cartiglio non più orizzontale, ma ricurvo verso l’alto con il contorno molto semplificato.
Nuovo reliquiario (1820) e nuovo altare (1858)
Il reliquiario realizzato dal Tabor nel 1570 aveva “quarciato il cristallo ove racchiudevasi la mano ed il braccio destro del Precursore”, perciò la popolazione per “maggior decenza” decise di rifondere un nuovo reliquiario d’argento “in altra forma e disegno”.
Fu dato l’incarico al canonico Giovanni Battista Campili di reperire i soldi necessari, di procurarsi il disegno e di farlo eseguire.
Il disegno è opera di Fedele Bianchini di Macerata, bravo allievo del Canova, che fu poi passato per la realizzazione a Raffaele Antonelli, eccellente argentiere di Fermo.
Terminato il lavoro, il 23 settembre 1820 “l’ora prima di notte” nella Collegiata, alla presenza delle autorità civili e religiose e al suono delle campane è stato effettuato il collocamento della S. Reliquia nel nuovo reliquiario.
Nel 1858 il popolo di Rapagnano ha voluto rinnovare anche l’altare dove si conserva la Sacra Reliquia. Il disegno è dell’ing. Francesco Dasti, la parte muraria del capomastro Luigi Caferri di Magliano, il rivestimento di scagliola, ad imitazione di diversi marmi, di Fabiano Latini di Mogliano, le dorature di Emilio Alessandrini di Montegiorgio.
Spesa scudi 300 circa, dei quali:
scudi 30 dal capitolo sull’offerta dei covi (grano);
scudi 20 dal Municipio;
scudi 250 dalle offerte dei fedeli
S. Braccio aperto e S. Braccio Chiuso
I due disegni, realizzati su un unico foglio di cm. 33,5 x 22,5, raffigurano due immagini dell’antico reliquiario (1570), con la mano del Santo in posizione aperta e chiusa. La diversa posizione della mano nella tradizione rapagnanese è confermata dal “Processo Borgia”, come segno di prosperità quando è aperta e di sventura quando essa appare chiusa.Don Federico Fagotti nel suo “Discorso sulla mano destra di S.Giovanni Battista”, Fermo, 1858, p.58”, afferma che i due disegni sono stati eseguiti nel 1735, a cura del Comune di Rapagnano, dal pittore fermano Filippo Illuminato Ricci, figlio di Giovanni Natale, discepolo del Maratta, per essere così utilizzati:
Da allegare agli atti relativi al prodigio della restrizione delle dita della Mano destra di S.Giovanni Battista del 19 marzo e l’8 aprile 1735, che Giuseppe Niccola Panurghi il 20 maggio 1735 ha consegnato a Mons.Borgia, Arcivescovo di Fermo.Allegati al volume di P.Odoardo Franceschini, pubblicato a Roma nel 1738.Distribuiti alla popolazione.Il quadro ad olio del Museo Parrocchiale, con i due reliquiari, potrebbe essere una trasposizione su tela dei suddetti disegni, opera di autore ignoto o dello stesso Filippo Ricci.
Dall’inventario redatto nel gennaio del 1728 dai parroci Bernardino Perozzi d’Acquaviva, rettore della chiesa parrocchiale di S. Maria e Severino e Giuseppe Campanelli, rettore della parrocchia di S.Giovanni e Paolo, rileviamo le seguenti notizie:
“La Chiesa dei SS. Maria e Severino, che forma un solo beneficio parrocchiale, ha dentro eretta (fin dal sec. XIV) un’altra parrocchia, distinta sotto il titolo de SS. Giovanni e Paolo; in tal modo che in una chiesa esercitavano la cura delle anime alternativamente e settimanalmente i parroci delle due parrocchie, uno indipendente dall’altro, con pari autorità e dignità, con la sola eccezione di cedere il posto al più anziano e farlo sedere, durante la predica nel posto ritenuto di maggiore dignità.
Le funzioni dentro e fuori la chiesa venivano celebrate da ogni parroco, una settimana ciascuno, mentre i funerali erano celebrati dal parroco a cui il defunto apparteneva.
Le dimensioni della chiesa erano uguali a quelle attuali con l’esclusione del coro e della sagrestia, aggiunte successivamente.
La chiesa originaria disponeva di sette altari , tre dei quali sul lato destro e tre sul sinistro; il settimo, l’Altare Maggiore posto “al centro della chiesa vicino al campanile verso lo spiazzetto”, era dedicato ai titolari delle due parrocchie.
Altare di S.Giovanni Battista, Altare dei Santi Sebastiano e Bernardino, Altare di S.Pietro e S.Giovanni Evangelista, Altare del Santo Rosario, Altare di S.Rosalia, Altare di S.Stefano.
Nel gennaio 1753 "dopo replicati interventi di manutenzione, ispezione e ricognizione de periti" si rileva che il degrado di tutta la chiesa era tale da rendere inutile ogni parziale intervento e pertanto si giunse alla decisione di riedificare la chiesa. E i1 31 marzo 1763 "con universale gaudio e consolazione di tutto il popolo ... e preventiva licenza di Mons. Tenderini Vicario Apostolico", la nuova chiesa fu da don Nicola Morelli, successore del Grifoni, benedetta sotto il titolo dell'Immacolata Concezione e S. Giovanni Battista.
Successivamente la chiesa subì varie modifiche su disegno dell’architetto Carlo Maggi e nel piano di queste si pose anche la nuova collocazione dell'altare maggiore nel lato opposto, cioè l'attuale e la costruzione del nuovo campanile sulla base del vecchio.. Con Bolla Pontificia del 29 marzo 1805 e relativo Decreto Esecutoriale del Cardinale Arcivescovo Cesare Brancadoro, del 7 ottobre 1805, venne eretta, nella Chiesa Parrocchiale , la Collegiata dal titolo dei SS.Maria e Giambattista. L’interno della Chiesa è ad una sola navata, decorata dall’artista Attilio Tentoni di M.Giorgio, in stile barocco, negli anni 1910 – ’12. Sul soffitto e sulle pareti sono affrescati le virtù teologali ed episodi della vita di S.Giovanni Battista, patrono del paese, cui la Chiesa è dedicata. Sulla parete destra, guardando l’altare maggiore, si osservano in ordine:
- il busto in terracotta di Papa Giovanni XVII, opera pregevole in terracotta, attribuita all’artista ascolano Giorgio Paci da Giuseppe Rutili e, invece, a Domenico Paci dalla pittrice Marisa Calisti.
- l’altare di S.Stefano con una pala raffigurante la Vergine con il Bambino, S.Stefano e S.Giuseppe, di autore ignoto. Su questo altare inoltre si può ammirare la copia di un olio su tela di cm.25 x 34, firmato da Carlo Maratta, raffigurante una Madonna con Bambino, della seconda metà del secolo XVIII.
- l’altare di S.Giovanni Battista sul quale è posto un reliquiario che contiene il “Santo Braccio”, ossia la mano destra di S.Giovanni Battista, così come vuole un’antica tradizione.
Sull’opposta parete, partendo dal fondo, si trovano l’altare dei Santi Sebastiano e Bernardino e quello del S.Crocifisso, opera, questa, di notevole valore artistico.
Non si conosce la data della costruzione della primitiva Chiesa Parrocchiale, ma due documenti, uno del 1453 e l’altro del 1454, confermano l’esistenza della Chiesa in quegli anni.
Sul documento del 1453 si legge:
“…fatto a Rapagnano nella casa della Chiesa di S.Maria, sita in detto Paese, presso la pubblica piazza d’avanti e da un lato, dietro la comune cisterna e altri confini…”
Sul secondo documento, riportato dal Piergentili nelle sue memorie, si legge:
“…Sono di antica origine mentre si trova e si legge che la medesima chiesa esisteva nell’anno 1454. come in fatti abbiamo la vera prova sicura e certa ne la erezione dei due antichi Benefici, l’uno di S. Giovanni Evangelista che venne ordinato da Funari Pierozzo Blanciflora con instrumento del 6 luglio 1454. in atti del Notaio Nicola Giampaolo, simile altro Beneficio sotto il nome di S. Pietro Apostolo che venne ordinato da tale Domenico Giantoni Celitosi con testamento in atti del Notaio Ser Stefano di Ser Giovanni 12 Giugno 1454, istituito ad istanza di tale Blanciflora nella chiesa Parrocchiale di S. Maria in Rapagnano con Bolla Capitolare del 9 maggio 1476. Altra prova dell’antichità della suddetta chiesa Parrocchiale di S. Maria in Rapagnano è l’antico Beneficio dei SS. Stefano e Giacomo di Juspatronato della Famiglia Mancini di Rapagnano”.
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S.ZENONE - ALTETA DI M.G.
S.MARIA DELLE GRAZIE - Cerreto di M.G.
CHIESA PARROCCHIALE S.MARIA DEGLI ANGELI (1925)
ARCHETTI DI RAPAGNANO
S.GIOVANNIBATTISTA
LE EDICOLE
CHIESA PARROCCHIALE S.ZENONE
Alteta di Montegiorgio
Si hanno notizie del luogo di Alteta fin dal 1155. Era un castrum, un castello, con popolazione complessiva di circa 500 abitanti, a poca distanza dal castello di Ripa Cerreto. La prima notizia trovata sulla chiesa è inserita nell'inventario redatto dal retto re don Grifoni, nel 1728, in occasione della visita dell'arcivescovo Borgia. In questo documento si può leggere:
«La chiesa parrocchiale dei Santi Maria e Zenone nel Castello di Alteta, appresso la strada maggiore e da un lato la casa parrocchiale.
Fu edificata nell'anno 1575 e consacrata in tempo che era vescovo il card. Peretti, che poi fu assunto al pontificato e chiamato Sisto V, il 10 luglio 1576, in atto di sagra visita, essendo Sommo Pontefice Gregorio XIII, come costa in una copia esistente nell'archivio di suddetta chiesa.
Sono in essa chiesa tre altari, cioè da capo la cappella dell'altare maggiore dedicata all'Assunta della Beata Vergine colle figure de Santi Apostoli, di S. Zenone vescovo di Verona e protettore del luogo e di San Silvestro Papa. Al lato destro l'altare del SSmo Rosario e figure di S. Domenico e S. Caterina da Siena. Dall'altro lato l'altare del SS. Crocifisso colle figure dei SS. Carlo Borromeo, Francesco d'Assisi e Filippo Neri».
Nell'inventario redatto il 17 gennaio 1772, dal rettore e pievano Gaetano Baccini in occasione della Visita pastorale si descrive:
«La Chiesa di S. Maria e S. Zenone è posta dentro il Castello di Alteta, poco lungi dalla porta di detto Castello di Alteta, innanzi, dietro e da un lato ha le strade pubbliche e dall'altro ha una casa spettante nella parte superiore ad essa chiesa e nella parte inferiore alla Compagnia del Sacramento. La medesima chiesa è a tetto, i muri di lei sono lisci senza nessun ornamento; nella facciata ha la porta che è unica e tre grandi finestre, una rotonda sopra la porta e due bislunghe munite di ferrate ed ha un finestrino con ferrata a lato dell'altare maggiore, tutte con i suoi vetri e ben conservate. In essa Chiesa non vi sono Cappelle. Solo nel prospetto interiore vi è una nicchia formata da un grand'Arco, nella quale è situato l'Altare Maggiore.
Nei pilastri di quest'Arco, nel corno dell'Evangelo evvi un credenzino chiuso da una portoncina dipinta, munita di serratura e chiave, ove si conserva l'Olio Santo, coll'iscrizione 1751 e in un'altra credenza si custodisce la reliquia della Santa Croce. Nel muro laterale di suddetta Chiesa, a corno Evangelii (guardando l'altare a destra), si trova il Battistero in una nicchia scavata nel pieno del muro, dentro dipinto e fuori chiuso da sportelli di noce e sopra l'immagine di S. Giovanni Battista battezzante Nostro Signore. Nel pavimento di essa Chiesa sonovi cinque seppolture coperte da pietre intere una delle quali con l'epigrafe: COMMUNITARIS 1733.
Annessa alla stessa Chiesa è la torre, a cui si ascende con scale di legno e vi si entra sta oltre alle campane vi si trova l'Orologio della Comunità, al cui suono serve la campana maggiore.
Tutto questo edificio di Chiesa, compresa la Torre e la nicchia dell'Altare è lungo al fuori palmi 70, largo palmi 40. Al di dentro poi il corpo della Chiesa è lungo palmi 52 e largo palmi 35, alto fino al pendio del tetto palmi 34. Il vero tempo della sua erezione non è noto ma nel 1563 esisteva come rilevasi dalla Bolla del 16 gennaio 1563, nella quale non è appellata parrocchiale. Nell'anno 1575 è stata in parte rifatta o abbellita leggendosi in un mattone collocato sopra la porta - Anno Jubilei1575. Fu consacrata dal vescovo di Fermo Peretti, poscia Sommo Pontefice col nome di Sisto V, il 10 luglio 1576 in atto di visita, come ricavasi da una memoria posta nella pagina di un libro di battesimi di questo archivio parrocchiale, legato in pergamena».
La chiesa oggi sicuramente rinnovata, si presenta a navata unica con abside, internamente semicircolare e poligonale nella parte esterna. La copertura della navata è costituita da una volta a botte in camorcanna con lunette contenenti le aperture raccordate alla volta stessa da unghie; la volta della navata viene interrotta da un arco trionfale che poggia su due colonne giganti e delimita il presbiterio con volta a vela in camorcanna. La copertura dell'abside è a semicalotta sferica, sempre in camorcanna. Le pareti laterali interne sono ritmate da lesene scanalate e dipinte con capitelli compositi che inquadrano delle piccole nicchie. Le lesene sostengono una ricca trabeazione compostada architrave, un fregio non decorato e un cornicione. Dimensionalmente l'aula ha una lunghezza di circa 16 metri per circa 8 metri di larghezza; complessivamente, compreso il presbiterio e l'abside la lunghezza in pianta è di circa 24,50 metri, mentre l'altezza libera interna dal pavimento alla volta è di 12,80metri e l'altezza complessiva al colmo è di circa 15 metri.
La facciata esterna è caratterizzata da una serie di riquadri geometrici rettangolari di diverse dimensioni, nella quale si trova un semplice portale d'ingresso e una finestra rettangolare. Viene completata da un frontone in muratura che sottolinea la copertura a due falde del tetto. La struttura lignea del tetto è costituita da capriate in legno e manto di copertura costituito da pianelle e coppi.
La struttura portante è costituita da muratura di mattoni a faccia vista, lo spessore delle murature risulta variabile da 60 cm a 90 cm; gli elementi laterizi sono legati con malta di calce e sabbia.
Nel Luglio 1757, venne istituita in questo altare una Cappellania a favore di Gianbattista De Dominicis e del fratello con l’obbligo di tre messe alla settimana.
L’antica Chiesa del Suffragio, sconsacrata fin dal 1821, oggi non esiste più come edificio autonomo, ma è stata utilizzata al tempo dell’ampliamento della Chiesa Collegiata nell’anno 1835 e ceduta allo scopo nel 1804. Attualmente risulta suddivisa in tre piani: il piano terra è adibito a sede della Confraternita del S.Rosario; il primo piano a sacrestia della Chiesa Parrocchiale e il piano superiore a sede del Museo Parrocchiale.
Resta la facciata in cotto, che si presenta con la terminazione a timpano e divisa in due parti, di cui la superiore è alleggerita da un finestrone centrale chiuso da due nicchioni. La parte inferiore si presenta scandita da quattro lesene che sostengono il cornicione divisorio, piuttosto pesante, con la porta di ingresso alla sede della Confraternita di piccole dimensioni e con due finestre tardive, a servizio della sacrestia.
La Confraternita del Suffragio, ora estinta, nell’adunanza del 20 settembre 1719 decise di costruire una nuova chiesa.
Nel mese di giugno 1727, in occasione della prima sacra visita di mons. Alessandro Borgia, fu approvata la pianta della Chiesa, già incominciata, e fu ordinato che in essa si facesse anche il cimitero come risulta dal Decreto della suddetta Sacra Visita.
Ultimati i lavori il 23 giugno 1736 fu solennemente benedetta sotto il titolo della Madonna SS. del Carmine, di S.Nicola da Tolentino e delle anime del Purgatorio da don Alessandro Fabrizi di Rapagnano, prebendato della Metropolitana di Fermo.
La chiesa urbana di Santa Rosalia, patrona contro la peste, in via Roma, di proprietà degli eredi Grifoni - Bernetti, ma utilizzata dalla Parrocchia, è stata costruita dal rettore di quel tempo con i capitali, a tal fine lasciati, dal Capitano Giambattista Rettini, lo stesso che il 1° settembre 1681 in atti del notaio Nicolantonio Miti eresse provvisoriamente nella chiesa parrocchiale di S.Maria un altare dedicato alla Santa, assegnandole in dote due censi di 50 scudi.
La costruzione fu terminata nel 1753 e, previa licenza dell’Ordinario, fu benedetta da D.Francesco Antonio Grifoni, parroco di Rapagnano e Vicario Foraneo il 23 dicembre 1754 e dal medesimo celebrata la prima messa, come da istrumento del notaio Pietrantonio Moretti dello stesso giorno e anno.
Attualmente è di proprietà del Comune di Rapagnano, ad esso donata dagli Eredi Grifoni.
CHIESA DI S.ROSALIA (1753)
La chiesa è situata in Contrada Bora, anticamente Contrada la Pietrata, e da qualche anno è in rovina per il crollo del tetto. Col Decreto Arcivescovile n. 38 del 3 agosto 1988 è stata assegnata alla Parrocchia S. Giovanni Battista di Rapagnano. Il Serra scrive: “Chiesa suburbana di S. Giovanni Battista in contrada Bora. Ad una navata con tre affreschi sulla parete absidale del sec. XV-XVI e resti affrescati affioranti di sotto l’intonaco”.
Il Piergentili nei suoi appunti sulle chiese rapagnanesi ci fa sapere che “venne costruita da fondamento nel 1424 come si è rilevato in una memoria manoscritta del Sig. canonico don Giuseppe Benigni di Rapagnano , figlio del fu Francesco”.
Nell’inventario del 1771 si legge: “… questa Chiesa ha due porte, una da ponente, sopra la quale ci è la finestra rotonda, e l’altra da mezzogiorno…”.
Sotto il pavimento, verso l’ingresso, è posto il cimitero, costituito da quattro locali comunicanti, con soffitto a volta, dove ancora oggi vi sono resti sparsi di antiche tumulazioni e casse ammucchiate semidistrutte.
Davanti alla chiesa, sulla sinistra, esiste ancora l’antica “casa del viandante” del 1543, oggi di proprietà Salvatori; quella precedente, che risale alla seconda metà del 1300, è famosa per aver ospitato il frate Francesco Benigni di Monterubbiano, con le reliquie di S. Giovanni Battista, S. Tommaso d’Aquino e S. Lucia.
I tre affreschi della Chiesa, citati dal Serra, sono stati staccati dalla Sovrintendenza, portati in Urbino per la sistemazione ed ora si possono ammirare nel Museo parrocchiale.
La Chiesa recentemente è stata acquistata dal Comune di Rapagnano che ha provveduto ad eseguire gli indispensabili lavori di restauro, con il contributo del Ministero Beni ed Attività Culturali (già stanziato con decreto del 24.01.2002).
CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA in via Bora (1424)
CHIESA DI SANT’ANTONIO ABATE (1582)
Chiesa urbana situata nella Piazza Siccone con l’ingresso nella via omonima. Il Piergentili ci riporta la seguente descrizione: “Di proprietà delle Ven. Confraternita del SS.mo Sacramento, venne costruita da fondamento per ordine del fu Adamo Mancini di Rapagnano, come da suo ultimo testamento olografo del 17 giugno 1579, ricevuto dal notaio di Fermo Fabio Strangolini che il Pio Benefattore Adamo Mancini lasciò alla Ven. Compagnia del SS. Sacramento una di lui casa ed altro con patto alla Ven. Compagnia di fabbricare subito la chiesa sotto il nome di S. Antonio Abate con tutte le premure della Compagnia e così venne terminata la Fabbrica intorno all’anno 1582.
Nella seduta consiliare del 9 ottobre 1788 viene richiesta l’autorizzazione di risanare ed ampliare la chiesa. Leggiamo infatti: “si propone come richiedesi dalla Veneranda Compagnia del SS. Sacramento di questo luogo a questa Comunità il permesso di poter fare una Sacrestia per commodo della Chiesa di essa Veneranda Compagnia sotto il titolo di S. Antonio Abbate nel sito che intercede tra detta Chiesa di detta Compagnia e la casa sua appartenente al sig. P. Stefano Millozzini e per togliere anche così l’umido grande che causa il terrapieno che esiste tra la casa del sig. Millozzini e la Chiesa”.
Il “12 maggio 1827 venne benedetta nella chiesa parrochiale la statua di S Antonio Abbate da don Francesco Angelini Vicario; venne fatta fare dai Festaroli Ferracuti Domenico e Coccia Angelo; venne da Latini di Mogliano e quindi posta nella nicchia di S. Antonio in Piazza”.(Jsmi)
Dalla “Voce delle Marche” del 1904 apprendiamo che la chiesa subì un radicale restauro che durò fino al gennaio del 1905. Al valente pittore di Montegiorgio Nicola Achilli fu affidata la decorazione che realizzò con delicati panneggi, emblemi ed altro coadiuvato dal bravo decoratore fermano E. Manaresi, mentre i fratelli Fioretti di Porto Civitanova realizzarono il bel pavimento a vari disegni , con materiale di loro fabbricazione.
Dal prospetto del Polverigiani risulta che la Chiesa aveva anche un piccolo campanile.
Osservando poi la parete laterale verso la piazza Siccone, si notano, nella parte centrale, tracce che fanno pensare, per forma e dimensioni, ad una porta richiusa. Lo spostamento della porta può essere causato dalla necessità di lasciare libera la piazza, posto preferito dai numerosi commercianti, che affluivano nei giorni di fiera o mercato.
Tale chiesa è stata interamente ricostruita con portico sulle pareti laterali da Marcantonio Gigliucci nel 1507, come si legge sulla lapide murata in alto, sulla parete sinistra, di chi guarda l’altare e presso il presbiterio, sopra la porta laterale, sotto lo stemma dei Gigliucci si legge:
D-M-ANT-GILIN-C-ECCLE
HAC-COSTR-M-D-VII
La costruzione è stata affidata al capomastro Angelo Inclise. All’origine la Chiesa era Parrocchiale, ma con Bolla del Pontefice Urbano VIII del 26 o 27 gennaio 1631 cessò di esserlo perché unita alla Chiesa Collegiata di S. Michele Arcangelo di Fermo.
Mons. Cicconi, nella sua storia su l’ “Insigne Collegiata di S. Michele Arcangelo di Fermo”, Fermo 1920, scrive: “Un’altra chiesa venne pure incorpata a S. Angelo non si sa bene se nel secolo decimoquinto o nel principio del successivo, con la sua discreta possidenza: quella, cioè de’ SS. Tiburzio e Susanna, sita nel territorio di Rapagnano, di giuspatronato della stessa famiglia Gigliucci. Continuò ad officiarsi da un Cappellano a cura del Priore di S. Angelo fino agli ultimi tempi. Di essa si ricorda che venne ricostruita interamente con portico ed arricchita di quadri di qualche pregio l’anno 1507, a spese di don Marcantonio Gigliucci, che vi fece apporre la scritta”, sopra riportata.
Al momento non si hanno notizie della chiesa precedente.
Il Decreto Arcivescovile n.38 in data 3 agosto 1988, stabilisce ai sensi e per gli effetti dell’art.29, comma quarto, della Legge n.222/1985, che la chiesa di S. Giovanni Battista e la chiesa di S. Tiburzio sono assegnate alla Parrocchia di S. Giovanni Battista di Rapagnano.
CHIESA DEI SANTI TIBURZIO E SUSANNA (ricostruita nel 1507)
La Chiesa rurale situata nella contrada omonima è attualmente senza tetto e priva del portico che sorgeva all’esterno delle pareti laterali.
Tra le carte del prof. Emiliani troviamo degli appunti relativi a questa antica chiesa: “Il canonico Marcantonio Gigliucci, vissuto su lo scorcio del sec. XV e sui primi del secolo successivo, Priore della insigne Collegiata di S. Michele Arcangelo, che molto l’arricchì aumentandone l’importanza ed il decoro artistico, dotò ed ornò anche la chiesa rurale dedicata ai SS. Tiburzio e Susanna, posta nel territorio di Rapagnano, nella contrada omonima, e soggetta al priorato di S. Angelo che per essere di patronato della famiglia Gigliucci fu da tale doviziosissima Casa molto largamente beneficiata.”
La chiesa rurale dei SS. Colomba e Giambattista, di proprietà della Confraternita della Madonna del Rosario, si trova nella contrada omonima e fu eretta in onore della madre del pontefice Giovanni XVII, che si chiamava appunto Colomba.
Il castello, dove il Papa si ritiene abbia avuto i natali si trova poco lontano dalla chiesa, ma verso il 1940 è stata demolita anche l’ultima parte di quello che restava. Il Piergentili scrive che la chiesa “venne costruita nell’anno del Signore 1612: in allora Parrocchiale ove viene eretto il ricco Beneficio dei SS. Colomba e Giambattista”; non precisa però se la costruzione si riferisce all’attuale chiesa o a quella un po’ più piccola, di cui sono ben visibili le fondamenta che si trovano dietro la chiesa, quasi trasversalmente, in mezzo all’aia. Contigua alla chiesa si trovava la sagrestia, sopra la quale c’era una stanzetta della stessa grandezza ed un piccolo campanile con una campanella.
Sulla parete laterale sinistra, di fronte alla strada dell’ex casa colonica si legge la seguente epigrafe:
MICHAEL.PIETRANGELUS.FIRMANUS
PRAEDIA.SPECTANTA.AD.SACERDOTIUM
SUB.TITULO.S.S. IOANNIS BAPTISTAE.ET.COLOMBAE
IN.AGRO.RAPAGNANENSI
PRO.FILIIS. NEPOTIBUS.AC.PRO.NEPOTIBUS.TANTUM
JURE.EMPHITEUSIS.HABUIT
HAC.LEHE.UT.ET.QUI.SACERDOTIUM.TENEAT
SCUTATA.CLV.SINGULO.ANNO.SOLVAT
CAJETANUS.FLORANIUS.SCRIBA.ARCHIEPAL
TABULAS.CONCESSIONIS.EXARAVIT
TERTIO.NONAS.OCTOBRIS
MDCCXCIII
CHIESA DI SANTA COLOMBA E GIAMBATTISTA (1612)
Sandro Bartolacci
S.MARIA DEGLI ANGELI
La chiesa di S. Maria delle Grazie è costruita isolata a poca distanza dalle mura del castello di Cerreto, in Soli Lateranensi, come da bolla di erezione in data 20 luglio 1520, cioè costruita su «suolo lateranense», sotto la giurisdizione del capitolo di S. Giovanni in Laterano e fin da quell'epoca era di jus patronato della nobile famiglia fermana dei Pernesi, ossia la famiglia poteva indicare una serie di nomi per la scelta del parroco, e si caratterizza per le offerte e le opere realizzate nella chiesa.
Si presenta all'esterno molto semplice, con tetto a capanna ed un prospetto principale caratterizzato da un portale a tutto sesto in pietra calcarea che poggia su esili stipiti lineari (questi sembrano di epoca e pietra diversa rispetto all'archivolto, ed anche la base degli stipiti sembra confermarlo).
L'arco è delimitato da una modanatura perimetrale che termina all'imposta realizzando un semplice capitello e da una cornice interna arricchita da una dentellatura; questa decorazione a forma di piccoli parallelepipedi separa ti uno dall'altro, si ripete anche nella facciata (capitello delle paraste, cornicione che sottolinea le falde del tetto a capanna) e all'interno sia nell'imposta dell'arco trionfale a sesto acuto, che poggia su mensole decorate da dentelli, sia nella trabeazione della pala d'altare posta nella cappella di destra.
Al centro della facciata troviamo sopra l'arco, un rosone con cornice in cotto, che delimita una vetrata; sulla facciata viene riferito, nei documenti d'archivio della chiesa, che era possibile leggere su un mattone la data 1519.
La chiesa è formata da vari corpi di fabbrica costruiti in epoche diverse di cui il presbiterio e l'abside rappresentano la parte più antica. Il presbiterio è legger mente rialzato rispetto alla navata, è uno spazio di forma rettangolare, caratterizzato da archi a sesto acuto e coperto da volta a crociera ogivale.
La presenza dell'arco e della volta ogivale fanno dedurre che l'origine sia riferibile ai secoli XIV-XV e che in quel periodo poteva rappresentare una piccola cappella.
La famiglia Pernesi, probabilmente utilizza questa preesistenza e vi costruisce intorno la nuova chiesa con una navata di due campate con volte a crociera ed archi a tutto sesto nei primi decenni del XVI secolo.
Alla navata longitudinale sono state aggiunte due cappelle laterali del XVII secolo. Quella di destra è stata edificata nel 1655 (o 1665?) per volontà della famiglia Rossi di Cerreto, demolendo l'antica cappella cinquecentesca del SS. Crocifisso e realizzando un altare e una soprastante ancona in stucco bianco che incornicia un Crocifisso.
L'ancona è caratterizzata da due colonne corinzie decorate con un motivo vegetale che continua nel fregio della trabeazione e da un frontone ad arco ribassato spezzato.
Nelle pareti laterali vi sono due dipinti con cornice a stucco, che raffigurano quello a sinistra San Pietro Apostolo e quello a destra Santa Caterina da Siena, commissionati dalla famiglia Rossi, della quale, sopra il dipinto di San Pietro, troviamo lo stemma all'interno di una cartella (motivo decorativo chiuso formato da volute
ed elementi naturali simmetrici caratteristico del rinascimento e soprattutto del barocco).
La cappella di sinistra, situata di fronte all'altra, è stata completamente ristrutturata nel 1805 demolendo le antiche pitture che raffiguravano la Madonna del Rosario.
Comunque il grande valore non è rappresentato dalla struttura architettonica ma dagli affreschi cinquecenteschi, che si possono osservare tuttora nelle pareti e nell'abside. Brevemente riprendiamo la descrizione di mons. Vincenzo Vagnoni: «Ma ciò che più merita l'attenzione e colpisce lo sguardo del visitatore intelligente è l'abside: difatti subito si rimane impressionati per le pitture che la investono nella sua interezza e immediatamente rivelano l'autore nella persona di Vincenzo Pagani». In effetti tale attribuzione non è così sicura o almeno riguarda una sola parte degli affreschi, per gli altri ci sono riferimenti a più autori. Continua descrivendo gli affreschi del presbiterio: la Madonna delle Grazie seduta in trono e sopra le ginocchia il Bambino ed ai due lati San Sebastiano e San Rocco; sopra, il soggetto dell'Annunciazione. Negli affreschi delle pareti laterali troviamo diversi temi: l'incontro di Elisabetta con Maria, dentro le lunette l’Incoronazione della Vergine e la Visitazione, la sequela di diversi santi; nel lato sinistro, settore inferiore, figure degli apostoli e in una riquadratura della parte destra la Resurrezione di Cristo. Sulle campiture della crociera i quattro dottori della Chiesa Occidentale: Sant'Agostino, San Gerolamo, Sant'Ambrogio e San Gregorio Magno. Nelle pareti della navata a sinistra si osservano una Madonna della Misericordia che ricopre col suo manto i fedeli e a destra e lo Sposalizio di San Giuseppe con la Vergine. monsignor Vincenzo Vagnoni continua affermando che: «Mons. Cicconi afferma che le pitture sono della scuola del Perugino e che non siano di una sola mano. Ma ormai lo studio comparativo delle opere del Pagani non lascia dubbio sul suo nome. Merita ricordare che il pittore Luigi Fontana veniva assiduamente ad ispirarsi per le sue creazioni in questo piccolo tempio, passando lunghe ore nella contemplazione e studio per i suoi affreschi. Che la Chiesa è dichiarata Monumento Nazionale, come si legge nell'elenco degli edifici monumentali di Ascoli Piceno ...e che di essa si è occupato G.B. Compagnoni di Montegiorgio, amoroso e paziente conservatore ed illustratore di opere artistiche della sua Patria».
Una chiesa piccola e semplice che contiene affreschi di notevole valore, definita da mons. Giovanni Cicconi, nel novembre del 1900:
«Vera perla nascosta del Patrimonio Artistico delle Marche. Cerreto, perduto giù in fondo tra il verde cupo di una ricca vegetazione e chiuso intorno da monti e colline, non è stato sempre quale ora si presenta all'osservatore. Cerreto era un luogo di ritrovo dell'alta aristocrazia dei paesi vicini, ed attorno all'anno 1870 godeva ancora dell'autonomia comunale. In uno stato d'anime della parrocchia del 1765 si riscontra che a Cerreto allora vivevano 76 famiglie con un numero di 372 abitanti, vi era il palazzo municipale, la via degli ebrei e la piazza delle erbe».
CHIESA SANTA MARIA DELLE GRAZIE
Cerreto di M.Giorgio
S.GIOVANNI BATTISTA
Edicola S.Giuseppe
Zona Mazzaferro
CHIESA PARROCCHIALE SS.ZENONE E MICHELEARC.-ALTETA DI M.G.
Edicola Addolorata
Archetti
Edicola Campogrande
℅ Hotel S.Giovanni
Edicola Immacolata
Archetti
Edicola Madonna del Pianto
Bivio Cerreto
Edicola S.Antonio di Padova
Casa Laici
Edicola S.Antonio
Bivio S.Tiburzio
CHIESA PARROCCHIALES.GIOVANNI BATTISTA
Edicola S.Francesco
Ingresso Paese
CHIESA PARROCCHIALES.MARIA. DEGLI ANGELI
L’Educazione della Vergine
2 Quadri preziosi
Madonna Immacolata
San Giovanni Battista
Madonna con il Bambino
San Michele Arcangelo e Santa Colomba
Sacro Cuore di Gesù
“Il dipinto firmato sul retro di Carlo Maratta18, documentato come appartenente all’artista da alcuni manoscritti settecenteschi, ricordato come opera del Maratta in una serie di documenti dell’Ottocento, viene restituito dagli storici dell’arte al corpus pittorico del maestro di Camerano.
Alcuni studiosi avanzano delle perplessità sull’attribuzione dell’opera al nostro pittore marchigiano.
Il quadro della Madonna col Bambino è pervenuto a Rapagnano nel 1755 per donazione di don Alessandro Fabrizi, Prebendato della Chiesa Metropolitana di Fermo, il quale desiderava erigere un altare nella collegiata di Rapagnano.
Il Reverendo Fabrizi donava 100 scudi alla Compagnia della S. Vergine del Suffragio del Castello di Rapagnano perché provveddesse a far costruire un altare di forma e di fronte all’altro di S. Giuseppe che era stato eretto nella medesima chiesa dal signore Giuseppe Campanelli. Inoltre donava, unitamente ad altri 60 scudi per gli arredi sacri di Messa, consistenti in un calice d’argento con sua patena similmente d’argento, una pianeta con stola… anche il quadro di Madonna e Bambino Gesù con cornice dorata e cristallo e velo che si asseriva essere di Carlo Maratta”.
La Compagnia doveva provvedere a proprie spese al mantenimento e al decoro di suddetto altare.
La destinazione finale del quadro non fu però l’altare di fronte a quello di S. Giuseppe, bensì l’altare della Madonna delle Grazie e dell’Angelo Custode, nella chiesa del Suffragio, di cui era titolare la Confraternita che ebbe la donazione primitiva. L’altare era collocato a destra dell’ingresso “e col quadro grande che rappresenta l’Angelo custode, nel mezzo di cui verso la parte superiore v’è riportato un quadricciolo con cornice dorata rappresentante la SS. ma Vergine in braccio”.
Nel Museo Parrocchiale quest’opera si trova esposta a parte, proprio accanto alla tela del Maratta. Si tratta infatti dell’opera che era posta ad ornamento del quadro della Madonna col Bambino. Il foro rettangolare che si trova nella parte superiore rappresenta l’alloggiamento del quadro, così come riportato nella descrizione della donazione da parte di D. Alessandro Fabrizi. I due quadri furono tolti dalla cappella insieme con l’altro del Simonetti quando furono eseguiti i lavori per l’ampliamento della Collegiata. Un’altra notizia utile su quest’opera raffigurante l’Angelo Custode ce la fornisce il Michelangeli, nella lettera al Capitolo di Rapagnano, quando in apertura del discorso, dice: “Non posso non ammirare grandemente la generosa devozione di codesto insigne Capitolo, che al piccolo quadro del Maratta rappresentante la Madonna ss.ma col Suo Bambino ha di recente fatto un nobile ornamento”.
Con ogni probabilità il “nobile ornamento” di cui parla il Michelangeli è il quadro dell’Angelo Custode, che faceva da degna cornice all’opera del Maratta. La lettera è datata 1851, quindi l’epoca di esecuzione del quadro può farsi risalire a poco tempo innanzi.
Nella cripta della chiesa sono conservate due tele. Una di esse proviene dalla Chiesa di S.Maria; dell’altra tela, che rappresenta la Madonna col bambino e due Santi, si ignora la provenienza, ma verosimilmente potrebbe essere stata tolta da qualcuna delle Chiese rurali oggi in rovina. L’opera potrebbe farsi risalire alla mano di un ignoto pittore marchigiano del secolo XIX.
La tela di S.Maria è così descritta dal dott. Emiliani:
“La pala dell’altare rappresenta la Vergine seduta con il Bambino in grembo, che tende a Lei il braccio. A destra della Vergine un Santo Vescovo genuflesso con le mani giunte e la mitra deposta ai piedi. A sinistra della Vergine un Santo in abito francescano pure genuflesso. Il disegno è abbastanza corretto, ma il dipinto abbastanza rozzo”.
Detto quadro fu riparato dal proposto don Vincenzo Vagnoni ed in tale occasione don Elia Malintoppi, allora cappellano in Rapagnano, trascrisse la seguente interessante iscrizione tracciata nel verso della tela.
D.NUS BONIFACIUS NARDINI ASCOLANUS
PINGEBAT RAPUGNANI DOMI
FRANCISCI ANTONII GRIFONI PAROCHI
ANNO DOMINI 1753
Si tratta, come spiegato dall'iscrizione, di un dipinto eseguito nel 1753 dal pittore ascolano Bonifacio Nardini a Rapagnano, in casa del parroco Francesco Antonio Grifoni.
Il pittore Bonifacio Nardini è ricordato dal Fabiani in questo modo:
"il 18 agosto 1739, quando fu allogata al Miniera la decorazione del Pubblico teatro, si lesse nel Consiglio una lettera, nella quale il pittore Bonifacio Nardini si esibiva di eseguire la medesima opera a prezzo sensibilmente inferiore. Ma non ne fu tenuto conto. Questo artista, non ricordato dagli storici municipali né da altri documenti di archivio, non mi risulta che fosse fratello, nipote o comunque parente don Tommaso...” che era pittore rinomato ad Ascoli Piceno.
Madonna con S.Paolo
Morte di S.Andrea Avellino
Opere Pittoriche
Madonna con Bambino
S.Rocco
OPERE PITTORICHE
S.Francesco d’Assisi e S.Giovanni Battista
Sculture
Nel Museo si possono ammirare le seguenti opere:
- San Vincenzo Ferreri olio su tela di ignoto artista marchigiano del secolo XVIII;
- San Giovanni Battista olio su tela di ignoto artista marchigiano del secolo XVII-XVIII;
- San Giovanni Battista olio su tela di Sandro Bartolacci, del 1981;
- L’educazione della Vergine olio su tela, cm 70 x 100, di ignoto artista marchigiano del secolo XVIII.
- Morte di S. Andrea Avellino olio su tela di ignoto artista marchigiano del secolo XVIII.
- Sacro Cuore di Gesù olio su tela di ignoto artista marchigiano del secolo XIX.
- Serie di tre affreschi staccati, fissati a pannelli di impasto cementizio, provenienti dalla chiesa di S. Giovanni Battista, raffiguranti rispettivamente S. Francesco d’Assisi e S. Giovanni Battista. - S. Rocco, S. Giovanni Battista. Le opere sono state eseguite probabilmente da un ignoto artista marchigiano.
Sugli intonaci si rilevano numerosi graffiti, due dei quali, che si trovano sul pannello con l’affresco di S. Giovanni Battista, risultano particolarmente interessanti.
Nel graffito in basso si legge: “hoc opus fecit fieri franciscus rectoris hujus E-E” e, ancora più sotto, con caratteri abbastanza ben delineati si legge la data 1507.
Conosciamo quindi il committente dell’opera, Francesco, Rettore della chiesa di S. Giovanni ed una data il 1507, che è anche la più antica tra quelle incise sui tre pannelli, la quale permette di stabilire che l’esecuzione degli affreschi è avvenuta non più tardi del 1507.
- Angelo con il Bambino. Un quadro su tela di ignoto, con una caratteristica particolare proprio alla fine del ‘700: nella parte superiore si metteva un quadro intercambiabile, a seconda del Santo da venerare.
- San Michele Arcangelo e Santa Colomba . Olio su tela. Autore: ignoto (Filippo Ricci?)
Sec. XVIII. Cm. 153 x 240. Recentemente restaurato.
- Dalla Chiesa Parrocchiale degli Archetti, costruita nel 1925, proviene una residenza risalente al secolo XIX. L’ornato ligneo e la cornice sono da attribuirsi alla mano di Vincenzo Salomoni, intagliatore montegiorgese, mentre la tela, raffigurante la Madonna con il Bambino è del secolo XVIII e va attribuita a Suor Maria Ricci.
Il Museo accoglie tre opere di Carlo Ridolfi:
- Madonna con Bambin , S.Giovannino, S.Antonio abate, S.Domenico, S.Tiburzio e altro Santo con la palma del martirio.
- Madonna con S.Paolo , S.Giovanni e un Santo Vescovo, olio su tela. Cm.210x350
- Madonna del Rosario con Bambino, S.Chiara, S.Francesco, S.Domenico, S.Caterina. Olio su tela. Cm. 167x257.
Del pittore fermano Filippo Ricci, si possono ammirare tre opere provenienti dalla Chiesa di S.Rosalia:
- Madonna con Bambin , S.Antonio da Padova e S.Ignazio. Olio su tela. Cm 90x150. Della seconda metà del sec. XVIII.
- Madonna Immacolata con S.Pietro e S.Giovanni Evangelista. Olio su tela. Cm 90x150.
- S.Rosalia . Olio su tela. Cm. 50x60.
Madonna del Rosario con Bambino
Angelo con il Bambino
San Vincenzo Ferreri
Con Marisa Calisti esprimiamo la nostra convinta meraviglia:
“non nascondo di aver provato emozione quando nel piccolo museo di Rapagnano ho ammirato la grande pala d’altare raffigurante la Madonna col bambino, S. Giovannino e altri santi di Carlo Ridolfi veneziano. Mi sono chiesta attraverso quali vie e come fosse giunto nelle nostre chiese di campagna questo pittore veneto, peraltro famoso ai posteri come scrittore di biografie di artisti.
Ho ripensato ai veneziani in particolare a Lorenzo Lotto e ai suoi inquieti soggiorni marchigiani, ma non sono riuscita ad annodare per Ridolfi i fili di una storia che ha le sue radici nel secolo XVI”.
Sulle opere dei Ridolfi si possono aggiungere alcune considerazioni, aiutati dai documenti d’archivio e da un esame della situazione oggettiva della chiesa Collegiata. Abbiamo già riferito della nota riportata nell’inventario del 1728, in cui si parla dell’altare di S. Giovanni Battista.
“…ab immemorabili fu eretto questo altare dalla Comunità, e nell’anno 1633 fu ornato di cappella di marmo nero e fu rifatto nuovo quadro”.
Nel trittico del Ridolfi vi è una pala d’altare raffigurante S. Giovanni Battista Bambino, S. Pietro Martire, s. Tiburzio, che si attaglia esattamente alla cornice in stucco del medesimo altare, come pure combacia con il profilo della cornice relativa all’altare del Crocifisso, ma che allora era intitolato al SS.mo Rosario, l’altra pala raffigurante la Madonna del Rosario col Bambino, S. Caterina, S. Domenico, S. Chiara e S. Francesco.
Questa tela ancora oggi reca, nella parte superiore, una rientranza del profilo che ripete il disegno della cornice di stucco che chiude l’ornato dell’altare.
La coincidenza dei soggetti delle tele con i titoli degli altari, la corrispondenza delle forme ai profili delle cornici permettono la datazione delle opere, così come scritto nel citato inventario del 1728, il quale riferisce che nell’altare di S. Giovanni Battista “nell’anno 1633… fu rifatto nuovo quadro”.
Insieme con il quadro con S. Giovanni Battista bambino il Ridolfi verosimilmente dipinse nel medesimo periodo anche il quadro per l’altare del Rosario e la pala per l’abside che oggi, restaurata di recente dalla Sovrintendenza delle Marche, fanno bella mostra di sé nel Museo Parrocchiale.
S.Rosalia
S.Giovanni Battista
QUADRO AD OLIO DEL S.BRACCIO CON DUE STAMPE
DUE QUADRI PREZIOSI
Il quadro ha subito da poco un radicale restauro, essendo scomparsa per incuria una metà di esso, e quindi la parte mancante è stata aggiunta di nuovo.
Di questa stampa esiste un’altra versione che si differenzia principalmente nel cartiglio non più orizzontale, ma ricurvo verso l’alto, con il contorno molto semplificato.
I due disegni realizzati su un unico foglio di cm 33,5 x 22,5 raffigurano due immagini dell’antico reliquiario (1570), con la mano del Santo in posizione aperta e chiusa. La diversa posizione della mano nella tradizione rapagnanese è confermata dal “Processo Borgia”, come segno di prosperità quando è aperta e di sventura quando essa appare chiusa.
Don Federico Fagotti nel suo “Discorso sulla mano destra di S.Giovanni Battista”, Fermo 1858, p.58, afferma che i due disegni sono stati eseguiti nel 1735, a cura del Comune di Rapagnano, dal pittore fermano Filippo Illuminato Ricci, figlio di Giovanni Natale, discepolo del Maratta, per essere così utilizzati:
– Allegati agli atti relativi al prodigio della restrizione delle dita della mano destra di S.Giovanni Battista del 19 marzo e l’8 aprile 1735, che Giuseppe Niccola Panurghi il 20 maggio 1735 ha consegnato a mons. Borgia arciv. di Fermo.
– Allegati al volume di P.Odoardo Franceschini pubblicato a Roma nel 1738.
– Distribuiti alla popolazione.
Il quadro del Museo Parrocchiale con i due reliquiari è una trasposizione su tela dei suddetti disegni, opera di un autore ignoto o dello stesso Filippo Ricci.
Olio su tela di Carlo Maratta(1625 Camerano – 1713 Roma) cm. 25 x 34
EndFragment
MADONNA CON BAMBINO - MARATTA
Croce Stazionale con Crocifisso
N.4 Candelieri funebri in legno indorato e verniciato
Nel museo parrocchiale sono conservate campane, reliquiari, oggetti dedicati al culto. Tra questi segnaliamo:
SCULTURE ED OPERE VARIE
Reliquiario in legno intagliato ed indorato
N.6 Candelieri in legno inargentato
Statua di S.Michele Arcangelo
Forziere per le Reliquie
N.2 Fanali da Processione
Statua di S.Dorotea
– Croce stazionale con Crocifisso in avorio di autore ignoto del Sec. XVI di cm. 20 x 28 (Forse di provenienza Panurghi. Rutili Giuseppe)
– Reliquiario in legno intagliato ed indorato proveniente dalla chiesa di S. Michele Arcangelo di Cerreto. L’opera, di ambito marchigiano, risale al secolo XVII.
– Statua di S. Michele Arcangelo. proveniente dalla chiesa di S. Michele Arcangelo di Cerreto. Si tratta di una scultura in legno indorato ed inargentato del secolo XVIII, dovuta ad un ignoto artista marchigiano.
- Statua di S.Dorotea proveniente dalla Chiesa di S.Michele Arcangelo di Cerreto, in legno dorato del sec. XVIII, di artista ignoto marchigiano.
A Sante Morelli di Montegiorgio, sono attribuite le seguenti opere:
n. 4 candelieri funebri in legno indorato e verniciato. di squisita fattezza, privi di braccetti decorativi, secolo XIX, h. cm 173.
n. 6 candelieri in legno inargentato. di buona fattura, secolo XIX, h. cm 171.
n. 2 fanali da processione in legno inargentato con asta, secolo XIX, h. cm 218.
Il museo possiede un’opera degna di menzione particolare. Si tratta del “Forziere per le Reliquie” proveniente dalla Chiesa di S. Giovanni Battista.
Di esso abbiamo queste note: “in questo altare v’è l’armario delle Reliquie collocato in alto dietro al quadro dentro una nicchia, le di cui chiavi ritengonsi una dal Custode eletto, altra da un sacerdote parimenti destinato dalla medesima, e l’altra dall’istessa Communità”. Si tratta di una cassa di legno rivestita di lamiera metallica. Ha due battenti anteriori, il cui interno, indorato, porta alcuni motivi dipinti e le iscrizioni IESUS – MARIA. Tra questi due sportelli e l’interno, pitturato, sono posti quattro telai con vetro, anch’essi indorati. L’opera è firmata e datata:
FRATER - GUIELMO - MILNER - AGOST.NO - TODESCO DA-VIENNA - PINXIT-1633
Oggi il forziere contiene altri reliquiari, provenienti dalle chiese di S. Tiburzio e S. Michele Arcangelo di Cerreto, oltre ad alcuni calici anch’essi provenienti da chiese non più officiate.
ORARIO DELLE SS.MESSE
FERIALI:
CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 7,00 - 19,00
PREFESTIVE:
CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 17,30
CHIESA S.MARIA DEGLI ANGELI: ORE 18,30
FESTIVE:
CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 7,30 - 11,00
CHIESA S.MARIA DEGLI ANGELI: ORE 10,00
CHIESA - CERRETO DI M.GIORGIO: ORE 9,30
CHIESA - ALTETA DI M.GIORGIO: ORE 9,45
ESTIVO
FERIALI:
CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 7,10 - 18,00
PREFESTIVE:
CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 18,00
CHIESA S.MARIA DEGLI ANGELI: ORE 19,00
FESTIVE:
CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 7,30 - 11,00
CHIESA S.MARIA DEGLI ANGELI: ORE 10,00
CHIESA - CERRETO DI M.GIORGIO: ORE 9,30
CHIESA - ALTETA DI M.GIORGIO: ORE 9,45
INVERNALE
MESE DI NOVEMBRE
FERIALI:
CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 7,10 - 17,30
PREFESTIVE:
CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 17,30
CHIESA S.MARIA DEGLI ANGELI: ORE 18,30
FESTIVE:
CHIESA S.GIOVANNI BATTISTA: ORE 7,30 - 11,00
CHIESA S.MARIA DEGLI ANGELI: ORE 10,00
CHIESA - CERRETO DI M.GIORGIO: ORE 9,30
CHIESA - ALTETA DI M.GIORGIO: ORE 9,45
Opere pittoriche
“A Rapagnà"
LINK ESTERNI
LA RELIQUIA
Nuovo Reliquiario
LA PARROCCHIA
Il Parroco, Don Luigi Malloni, ringrazia di cuore il Dott. Orlando Ciaffoni che con disponibilità e perizia ha curato la realizzazione tecnica del Sito, nonchè il Prof. Anselmo Ciaffardoni per la preziosa collaborazione.
MUSEO
PARROCCHIALE
Autenticità S.Braccio
IL COMITATO
MAPPA DEL SITO
Le Chiese
Organizzazione istituzionale
La Vita
IL PRESEPE
Quadro S.Braccio
IL PAESE
CELEBRAZIONI
DIOCESI DI FERMO
PREGHIERE E CANTI
CAPPELLA SISTINA
NOTRE DAME INTERNO
COMUNE DI RAPAGNANO
S.PAOLO
LINK ESTERNI
S.PIETRO
NOTRE DAME ESTERNO
VATICANO
HOME
Tutta la popolazione di Rapagnano e dei paesi circostanti sa che ogni anno un gruppo di appassionati, (Damiano Levantesi, Follenti Enrico, Elesio Cinti, Paolo Mira, Massimo Piergentili, Rossano Micucci, Mauro Tomassini, Sandro Bartolacci, Mazzaferro Fabrizio, Don Luigi Malloni,…) allestisce nella chiesa di S.Antonio, un grande presepio di notevole interesse e di grande richiamo.
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Il Presepe può essere visitato da Domenica 19 Dicembre (IV Domenica di Avvento), per tutto il periodo natalizio fino all’Epifania per tutta la giornata.
Dall’Epifania fino alla fine di gennaio resta aperto solo la Domenica. Nei giorni feriali solo su richiesta.
E’ situato presso la Chiesa di S.Antonio abate, in piazza Siccone - RAPAGNANO
Contatti telefonici:
Follenti Enrico: 0734 562010 Cell. 3355284850 - Damiano Levantesi: 360 599131 - Elesio Cinti: 333 1916521 - Paolo Mira: 334 3249685
Rossano Micucci: 339 8319130. - Massimo Piergentili: 339 4784784 - Il Parroco: 0734 56324 Cell. 3392121064
Il presepe, realizzato in base ad una scenografia ideata dall'artista Sandro Bartolacci (di fama internazionale), occupa una superficie di circa 70 mq. ed offre al visitatore un paesaggio di grande suggestione, che muta aspetto di momento in momento, secondo i vari cicli.
In un territorio di vaste dimensioni, dominato in primo piano dalla grande capanna della Natività del Redentore e sulla sinistra da un castello merlato, (certamente per i bambini la dimora del crudele re Erode!) si alternano colline e montagne aspre e rocciose, da cui precipitano fiumi scroscianti che si distendono poi nella vasta pianura sottostante, formando laghi e piccoli torrenti rumorosi.
E' difficile elencare e spiegare tutti i congegni per creare i movimenti dei personaggi e gli effetti di luce o riprodurre in modo verosimile i fenomeni della natura.
Tuttavia è bene ed interessante chiarire che molti congegni usati nel presepio vengono realizzati direttamente dagli operatori, tenendo conto delle loro conoscenze scientifiche e tecniche, cui si aggiungono la fantasia, l'intuito e la manualità, tutte doti che non si apprendono dai libri di testo.
Per chiarire meglio tutto ciò, sarà sufficiente elencare tutti i collaboratori di Don Luigi, i quali, pur prodigandosi in qualsiasi tipo di lavoro quando occorra, si impegnano in modo particolare nelle attività di loro competenza.
Levantesi Damiano, essendo elettrotecnico, è indispensabile per quanto concerne l'impianto di illuminazione. Mauro Tomassini, esperto in elettronica, viene chiamato in causa per risolvere i problemi più difficili in questo settore. Bartolacci Sandro, l'artista, è l' ideatore della scenografia generale e dei magnifici bozzetti, la cui realizzazione è poi affidata ai “valenti manovali”, quali i Enrico Follenti, Paolo Mira, Cinti Elesio, Massimo Piergentili, Micucci Rossano e Mazzaferro Fabrizio, i quali per altro sono abilissimi nel trattare il legno, erigere ed intonacare muri, forgiare e modellare il ferro, realizzare congegni meccanici.
IL PRESEPE DI RAPAGNANO
Pace e la serenità: questo è il messaggio che il Presepe di Rapagnano ogni anno vuol affidare ai numerosi visitatori, che l’affollano da Natale all’Epifania.
In particolare il messaggio è rivolto ai bambini, che sostano davanti per ore “…facendo oh! oh!” come ci suggerisce una canzone di qualche tempo fa.
Presidenti onorari: Belletti P.I. Gianni - Sindaco
Malloni D. Luigi – Parroco Presidente: Peroni Giuseppe
Vice Presidenti: Conti Daniele
Toscanelli Sergio
Croceri Sauro
Segretario: Ciaffardoni Prof. Anselmo
Cassiere: Scopetta Quinto
Rappr. del Comune: Sanchini Eugeni Prof.ssa Iolanda.
Laici Marcello
Lelli Marco
Rappr. Pro Loco: Minnoni Giuseppe
Gobbi Giannetto
Consiglieri: Biancucci Marcello
Carassai GiulianoMarcotulli Mariano
Mattei Geom. Dario
Orsili GiulianoRossi Norberto
Silveri VitalianoTeodori Amelio Collaboratori: Aliberti Graziano Antinori Rossana Bardassarri Dr. Giordano
Bartofini Gatti Morena Bartolacci Prof Sandro Basilisco Luigi Basilisco Russo Maria Biondi Saveria Chiavoni Benignetti Luciana Chiavoni Emilio Cinti Umberto Cuccù Giuseppe Emiliozzi Benignetti Pia Ercoli Giuliano Franchi Primo Giammaria Simoni Augusta Lelli Andreani Nella Lelli Sonia Levatesi Damiano
Macchini Claudio Marcotulli Teodori LiaMazzaferro Soricetti DeliaMicucci DeAngefis MarisaOrsili GiovanniPallotti GiacomoPistolesi TeodoriAldinaRapazzetti FabrizioRibichini FabrizioRossi Bonifazi PasqualinaRossi RossanoSanchini Dr. PieroSantamaria SilvioSantoni GabrieleSantoni PrimoSantoni Vallasciani MarisaTeodori GiuseppeTeodori Marcotulli MariaTeodori Maria.Teodori Micucci RosettaTerribili Susino NellaTomassini P.I. MauroEndFragment
PAPA GIOVANNI XVII
CELEBRAZIONI DEL MILLENARIO
IL COMITATO
Chiese video
Email: info@sandrobartolacci.it
Quando pari grossu Rapagnà
se unu te guarda da Solagna,
ma invero, sci più ciucu d'un tafà.
E da vora, pari proprio 'na migragna.
Da la Torre, non sci vruttu;
de jò Tenna, sci un portendu;
da Majà, ‘ntè vedi tuttu;
da Monzambietro fai paendu.
De sta veduta, pari mungu,
Per via che ‘nte ‘sse vede li lampioni,
che de notte, te fa lungu,
ma de jornu ‘nce cojioni.
Da la Croce, ciai crianza,
se ‘ppò ‘rsui su ‘ppe lu monde,
co’ li stradù, de lontananza,
te fa più lungu che defronde.
: di Sandro Bartolacci
E 'ppò, ciai un nome, devo ditte,
che fa vrutto anghe a chiamatte,
e su lu stemma, pe’ ’ntraditte,
tra cometa, pinu e montagnette,
proprio ‘na rapa ce sci jitu a mette!
Chidù ancora ce 'sse 'ccasa;
sarà perché ciai l’aria fina;
ma pe stroatte, è natra cosa,
‘ndé segna mango la cartina.
Sci un paese de contadì;
e sci sbillungu, mango tunnu;
ma per me, che t’agghio dì,
sci lu più bellu de stu munnu!
Sandro Bartolacci
Sito: www. sandrobartolacci.it
A RAPAGNA'
A Rapagnano, dal 1999, è stato costituito dal parroco don Luigi Malloni, rapagnanese, il Museo Parrocchiale, dove sono raccolte pitture, sculture ed altri oggetti d’arte provenienti dalle chiese di Rapagnano e dalla parrocchia di S. Michele Arcangelo di Cerreto, per la prima volta illustrate dalla D.ssa Marisa Calisti, pittrice, nel libro "Percorsi di Arte Sacra a Rapagnano".
Per la realizzazione del Museo è' stata preziosa e determinante la collaborazione del pittore-scultore, di fama internazionale, prof. Sandro Bartolacci, per quanto riguarda l'aspetto artistico, nonchè dell'ing. Lucio Biondi per quanto riguarda l'aspetto strutturale, e dei membri della Confraternita di S.Giovanni Battista (soprattutto del Priore Orsili Giovanni) per quanto riguarda l'esecuzione dei lavori.
Il Museo è visitabile rivolgendosi al Parroco.
MUSEO PARROCCHIALE
Eretta nel 1789, in contrada S.Maria, è ora ridotta a rudere.
Costruzione rustica senza volta di 8,12 metri di lunghezza e 4,85 di larghezza.
Vi era una pala d’altare, ora nel Museo Parrocchiale, che rappresenta la Vergine con il Bambino in grembo, con a destra un santo Vescovo e a sinistra un santo francescano, dipinta dal pittore ascolano Bonifacio Nardini nel 1739.
Nel Museo Parrocchiale vi è anche una campana di detta Chiesa.
Sopra la porta di ingresso esisteva una epigrafe, conservata nell’abitazione di Giuseppe Rutili, incisa su cotto.
CHIESA DI SANTA MARIA
Dalla relazione della sacra visita del secolo passato si ricavano le seguenti notizie:
[if !supportLists]· [endif]La chiesa rurale di Santa Maria del Carmelo e San Filippo Neri fu eretta da Corinto Grifoni di Rapagnano con decreto dell’arcivescovo di Fermo Mons. Andrea Minnucci, rilasciato in data 21 novembre 1787. Ha avuto sempre un solo altare, dedicato alla Beatissima Vergine del Carmelo e San Filippo Neri.
[if !supportLists]· [endif]Su detta chiesa non è stato mai istituito alcun diritto di patronato. Il mantenimento spetta alla famiglia Grifoni, la quale ha assunto l’obbligo di far celebrare due messe il giorno 16 luglio di ogni anno, come da decreto dell’arc. Minnucci.
[if !supportLists]· [endif]Sull’altare è installato un tabernacolo di legno colorito e dorato al di fuori e rivestito di seta bianca all’interno.
[if !supportLists]· [endif]La chiesa ha un campanile a vela sopra la sacrestia con due piccole campane.
[if !supportLists]· [endif]La sacrestia è un monolocale a forma quadrilunga con accesso dall’esterno e doppio passaggio per la chiesa
La chiesa ha quattro nicchie laterali contenenti altrettanti statue di santi e due tele raffiguranti S. Emidio (attribuito al Ricci) e S. Antonio; oltre piccoli quadri reliquiari finemente ornati e ceralaccati da amanuensi dell’epoca.
Nella famiglia Grifoni si registrano diverse persone legate ad istituzioni ecclesiastiche. La chiesa di Santa Rosalia, dentro Rapagnano, nei secoli XVIII e XIX fu di giuspatronato della famiglia Grifoni. Nel 1836 la cappellania di S. Rosalia era goduta dal chierico Angelo Grifoni (figlio di Corinto Grifoni). Altro membro era canonico presso la Collegiata di Rapagnano.
Tra la chiesa di S. Rosalia e quella di S.Maria del Carmelo si nota un rapporto di continuità per la devozione a San Filippo Neri, espressa da Giovanni Rettini (bisnonno materno di Corinto Grifoni) fondatore della cappellania di S. Rosalia, il quale volle che nel timpano dell’altare maggiore fosse raffigurato S.Filippo Neri e da Corinto Grifoni che intitolò la cappellania da lui fondata anche a S..Filippo Neri.
Informazioni tratte da:
[if !supportLists]· [endif]ASAF – FONDO INVENTARI DEL 1700 – RAPAGNANO Chiesa e Cappellania di Santa Rosolia di giuspatronato della famiglia Grifoni[if !supportLists]· [endif]ASAF –Archivio Storico arcivescovile Fermo- Sacra Visita del Cardinal Malagola Rapagnano 15-2-1879EndFragment
CHIESA DI SANTA MARIA DEL CARMELO E S.FILIPPO NERI
VISITA ALLE SETTE CHIESE
UN RARO OPUSCOLETTONella Metà del ‘700 è stato divulgato un opuscoletto:
MODO DI VISITARE LE SETTE CHIESE DI RAPAGNANO
Cm. 10x14,5, 19 pagine, stampato a Fermo da Bolis.
Le Chiese sono:
* Parrocchiale di S.Maria;
* Chiesa del Suffragio; * Chiesa di S.Antonio in piazza;
* Chiesa di S.Rosalia;
* Chiesa di S.Giovanni fuori del luogo;
* Chiesa di S.Maria Staturano;
* Chiesa di S.Paolo
Fig. A - Pianta della Chiesa Parrocchiale prima della ricostruzione
1 - Chiesa di S.Maria e S.Severino e dei SS.Giovanni e Paolo
2 - Chiesa del Suffragio
3 - Sacrestia della Parrocchia S.Maria e S.Severino
4 - Sacrestia della Parrocchia dei SS.Giovanni e Paolo
5 - Casa di Domenico Merli
6 - 7 - Case del Marchese Passeri di Montegiorgio
8 - Ponte che univa le due case del Marchese Passeri, con sopra una stanzetta
9 - Nell’inventario del 1728 si legge: “…la Chiesa ha annesse al campanile, sovra di un ponte, due piccole stanze, una sovra l’altra, le quali ha la soggezione che vi passi il moderatore dell’orologio della comunità”
10 - Porta laterale murata dopo il livellamento della strada.
Fig. B - Pianta della Chiesa Parrocchiale dopo la ricostruzione*
11 - Locale sopra l’ex Chiesa del Suffragio, adibito a sagrestia
12 - Coro
13 - Sala di ritrovo dei giovani e Confraternite
14 - Ingresso secondario della Chiesa. Utilizzato in un primo momento come “Sito delle Reliquie”
* Progetto dell’architetto Carlo Maggi di Montedinove.
CHIESA PARROCCHIALE S.GIOVANNI BATTISTA
Ristrutturazione del 1821
PAPA GIOVANNI XVII
CELEBRAZIONI DEL MILLENARIO: I VIDEO